Federico Iarlori e l’autofiction di “Se una notte a Parigi, una tedesca e un italiano”
“Dopo anni di stage-non-retribuiti e un corso di specializzazione in ‘Strategie per chiedere e ottenere i ticket pasto’, avevo finalmente trovato un lavoro. Un lavoro vero, con dei soldi veri che ogni mese sarebbero piovuti sul mio misero conto in banca come una manna dal cielo dopo una carestia secolare.”
Federico Iarlori trascina il lettore in questa autofiction con la sua ironia travolgente e racconta le sue vicissitudini di ragazzo italiano a Parigi mentre scrive per una testata online di un’associazione senza scopo di lucro. Ma cosa succede se il tuo capo è una ragazza tedesca di nome Julia dedita al lavoro e poi ci esci insieme? Perdi il lavoro, ovviamente, ma guadagni una nuova avventura.
Tra appartamenti stretti e caffè impietosi, Parigi si apre al lettore nella sua fantasmagorica bellezza e il protagonista si lascia andare ai ricordi relativi al suo paesello di origine in Italia e alla conoscenza sempre più fitta con Julia. Un giorno, però, l’equilibrio si interrompe. Julia è incinta e al protagonista non resta che accettare quel turbinio di emozioni che gli affollano la mente, cercando di parlarne anche con la madre che si avvicina e si ritrae come le onde sulla battigia, mentre il versante tedesco sembra sempre essere in prima linea. Il ‘nano’, ribattezzato simpaticamente così dal protagonista, sconquassa la vita parigina della coppia, a tal punto che il protagonista decide di allontanarsi per sfuggire a quel destino ormai segnato. Oppure no?
“Se una notte a Parigi, una tedesca e un italiano” di Federico Iarlori (Giunti editore, pp. 317, 18,00 euro) è una narrazione spassosa che fa ridere e commuovere. Chissà quanti ragazzi si immedesimeranno nel protagonista che diventa il portavoce di quei papà che si dedicano fin dalla nascita ai propri figli.
Debora Colangelo