Fantozzi: la tragica storia dell’uomo medio, l’antieroe mediocre e senza talenti
Al Teatro Celebrazioni di Bologna è andato in scena dal 16 al 18 febbraio 2024 “Fantozzi. Una tragedia” con Gianni Fantoni e la regia di Davide Livermore, anche direttore del Teatro di Genova.
Non ha certo bisogno di presentazioni il ragionier Ugo Fantozzi, personaggio entrato a pieno titolo nell’immaginario collettivo come rappresentante della classe media impiegatizia, asservito al potere e senza alcuna qualità. La tragedia è comica e la comicità profondamente tragica nella vita di Fantozzi, che affronta stoicamente la vita del perdente, vessato e umiliato al lavoro dai superiori gerarchici, circondato da colleghi che non esitano a rifilargli incombenze da svolgere o che lo trascinano in avventure improbabilmente organizzate, con una moglie scialba e brutta e con una figlia ancora più brutta, invaghito dell’opportunista e noncurante signorina Silvani, imprigionato nella lotta contro il tempo per timbrare il cartellino in orario, con un profondo desiderio di riscatto contro le ingiustizie che tuttavia non arriverà mai. Una vita miserabile quella del ragionier Fantozzi, costellata di qualche soddisfazione come la frittata alla cipolla, il rutto libero, la birra, la partita in tv, qualche sguardo languido della signorina Silvani… poche gioie nella vita di Fantozzi, che non fa altro che chiedere scusa e sottomettersi a chiunque, che sbatte contro ogni spigolo esistente, che non sa cosa sia un congiuntivo e che sta sempre al centro di un qualche equivoco.
Gianni Fantoni porta in scena le movenze dell’originale, riproducendone la voce alla perfezione, raccontando gli episodi più noti come della saga fantozziana come la routine per arrivare al lavoro in orario, supportato dalla moglie Pina e dalla figlia Mariangela, la partita di tennis con l’ingegner Filini, la gita al campeggio, la partita di biliardo, la serata dalla contessa Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare.
C’è di che riflettere in questa rappresentazione che da una parte si spinge nel voler dare un base profonda e quasi poetica, a voler inserire degli espliciti rimandi alla tragedia greca (un po’ forzati), come a voler dare un tono di grandezza… che Fantozzi non aveva, era proprio l’assenza di tutto questo a renderlo così dannatamente umano e riconoscibile, così tragicamente comico. La rappresentazione è in alcuni punti un po’ confusa, una moltitudine di voci e personaggi sul palco che in alcune scene risulta un po’ disomogenea. Alla fine dello spettacolo viene da chiedersi: è davvero così moderno questo personaggio? Potrebbe sembrare un racconto un po’ anacronistico rispetto alla realtà odierna, in cui l’uomo medio(cre) è vincente, anche se non ha niente da dire, bastano like e i follower, i perdenti non fanno ridere (a meno che siano beffeggiati in un meme), l’essere sconfitti dalla vita ha solo un sapore tragico… Resta solo un po’ di nostalgia per un personaggio che non ha mai smesso di strapparci un sorriso.
Angelica Pizzolla
Fotografia di Nicolò Rocco Creazzo