Faccia a faccia con “Mein Kampf”: il nuovo potente esperimento di Stefano Massini
Succede, e non di rado, che per raccontare e comprendere il mondo si faccia ricorso a una bilancia invisibile: il passato, carico di responsabilità e di giustificazioni, sul piatto delle cause — il presente, ingenuo e confuso, sul piatto dei risultati. Quanto più precisamente sappiamo circa gli eventi avvenuti prima, tanto migliore diventerà la nostra capacità di capire quello che accade adesso. Succede inoltre, e non di rado, che con il trascorrere dei decenni emerga la presunzione secondo cui conoscere le conseguenze rende immuni dalle cause. Bisogna invece, e con sempre maggiore urgenza, fare i conti proprio con quelle cause, osservarle da vicino, farle risuonare per capire quali e quante corde possono ancora far vibrare. Quella che Stefano Massini ha ingaggiato con il Mein Kampf è una battaglia a tutto tondo sulla pagina e sul palcoscenico, un esperimento riuscitissimo e al contempo un’intensa provocazione di fronte alle derive politiche dell’attualità italiana ed europea.
Frutto di un paziente lavoro sul libro-manifesto di Hitler e sui testi dei suoi comizi, il monologo restituisce con intatta enfasi l’autobiografia di una persona arrabbiata contro tutto e tutti, e che ad ogni costo vuole trovare il modo di sfuggire ad un destino di irrilevanza che lo spaventa e lo tormenta (“So che | non voglio diventare un impiegato. | So che | non posso diventare un impiegato”). Una rabbia che si fa dapprima scudo e guscio, una corazza per assorbire gli urti e le frustrazioni della società di massa senza andare in frantumi, e di seguito l’arma per dare l’assalto alla democrazia e scardinarla alle fondamenta. Una rabbia, è il caso di sottolineare, che ancora oggi affiora anche negli ambienti più insospettabili, e non di rado.
La scena, curata da Paolo Di Benedetto, è una grande pagina su cui scrivere e riscrivere con la voce e con il corpo, progressivamente invasa dalla concretezza di oggetti carichi di forza simbolica. Macerie che punteggiano la narrazione e che, insieme alle luci geometriche di Manuel Frenda e agli ambienti sonori di Andrea Baggio, vanno a scolpire il paesaggio interiore e il crescendo emotivo guidato dall’incessante, paurosamente esaltante, arrovellìo “Da dove si inizia, per cambiare la Storia? | Da dove si inizia, per cambiare tutto?”.
Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano – che lo ha presentato in anteprima – e dal Piccolo Teatro di Milano in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana. La tournée prosegue al Teatro Strehler di Milano fino al 27 ottobre.
Visto al Teatro Comunale di Bolzano venerdì 4 ottobre 2024.
Pier Paolo Chini
Fotografia di Filippo Manzini