Fabio Banfo a Campo Teatrale a Milano con il suo emozionante “Patria. Il paese di Caino e Abele”
Dalla collaborazione tra Eco di Fondo e Mamimò Teatro un piccolo grande gioiello poetico che ci racconta gli anni più bui ed esplosivi di un piccolo grande Paese, il nostro.
“Al mio paese, se anche sai la verità, puoi urlarla con tutte le tue forze, ma nessuno ti crederà.”
BUM (La poetica)!
Così come l’Universo è nato da un’enorme esplosione, il Big Bang, di cui non conosciamo ancora molto ma di cui sentiamo il desiderio e la necessità di sapere di più, l’Italia che conosciamo oggi è frutto di una serie di eventi, e purtroppo (letteralmente) di diverse esplosioni e attentati, a partire da quello dall’Italicus del 1974, di cui per ragioni diverse alcuni sanno molto poco e altri sembrano avere forse rimosso il ricordo. In entrambi i casi, dal “grande” al “piccolo”, non ci troviamo di fronte a misteri inconoscibili della fede, ma a questioni che possiamo e dobbiamo indagare per capire chi siamo oggi.
“Patria”, come avrete intuito, non ha l’ambizione di svelarci i segreti della nascita del nostro universo; questo spettacolo nasce da un altro genere di urgenza, più politica se vogliamo, e dimostra di avere qualcosa di importante da dirci sulla nostra Italia. Scritto come sempre magistralmente da Fabio Banfo, lo spettacolo si avvale in questa occasione anche della sensibilità poetica di Giacomo Ferraù e Giulia Viana per raccontarci un ventennio di esplosioni e stragi che, tra la metà degli anni ’70 e quella degli anni ’90, hanno segnato e in molti modi determinato la nostra storia; quella di tutti noi: di chi in quegli anni c’era e di chi non era ancora nato. Banfo conferma le sue indiscutibili doti di Autore poliedrico, dimostrando al contempo di possedere una chiara visione e consapevolezza del suo Teatro; in più, la collaborazione con Eco di Fondo si rivela in questa occasione fondamentale per esaltare la componente emozionale della linea narrativa poetica dello spettacolo. Una combinazione (mi si perdoni l’ovvietà) ancora una volta esplosiva. La strada scelta dagli autori si allontana dal più tradizionale teatro di denuncia e narrazione per costruire, con indubbia efficacia, una storia che, giocando proprio sulla costruzione di due linee narrative (e temporali) profondamente intrecciate tra di loro, ci rappresenta i terribili fatti di quegli anni attraverso la vicenda surreale e tragicomica di un protagonista “forrestgumpiano”, Abele, alla disperata ricerca del fratello, Caino, forse scomparso in un attentato, la cosiddetta “strage dell’Italicus” del 1974.
BUM (L’interpretazione)!
Fabio Banfo è protagonista, strepitoso, di un cunto polifonico che lo vede interpretare, oltre ad Abele e Caino, una quindicina di personaggi amari e terribilmente divertenti, a cominciare dai magnifici quattro “super antieroi” che si associano nella temibilissima brigata dei RIR (Rivoluzionari in Ritardo). Non è la prima volta che Banfo si cimenta in spettacoli che richiedono l’interpretazione di più personaggi (es. Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo”), ma la maestrìa e la leggerezza con cui questo Attore riesce a rendere maledettamente semplice e credibile il passaggio da uno all’altro, incarnandone con straordinaria naturalezza il corpo e la voce, è assolutamente stupefacente e per certi versi inedita: diciamo che è come se, dopo il grande botto che fa da trait d’union tra l’inizio e la fine annunciata dello spettacolo, questo attore si sia, attraverso questa magistrale interpretazione, definitivamente scollato di dosso, insieme alle polveri dell’esplosione, un’immagine di “attore d’Accademia impegnato” (qualsiasi cosa voglia dire) e sia riuscito a dare finalmente libero sfogo, senza limiti e come detto con soave e immensa leggerezza, alle sue indiscutibili e poliedriche capacità. Fabio Banfo, con questo spettacolo, “esplode” definitivamente, oltre che come ottimo Autore (ma ci siamo abituati), come Attore eclettico e “sorprendentemente capace di sorprenderci”: non vediamo l’ora di rivederlo alla prova con registi e testi anche apparentemente lontani dalle sue corde, e di scoprirne nuove sfaccettature.
BUM (LO spettacolo)!
“Patria”, per concludere, è uno spettacolo godibilissimo per fluidità e ritmo, capace di tenerci appesi dall’inizio alla fine. La struttura ruota fondamentalmente su “doppie esplosioni”, su accostamenti-contrapposizioni: tra i due protagonisti di fantasia della storia, Caino e Abele; tra il piccolo paese (patria) che rappresenta metaforicamente il nostro grande Paese (la Patria), e viceversa le ripercussioni che i fatti del grande Paese-Italia hanno sugli abitanti del paesino; tra la cruda realtà dei fatti raccontati dalla TV e l’ingenuità (che corrisponde alla nostra incapacità di capirli o almeno ricordarli) con cui questi li percepiscono; e infine la doppia chiave, di narrazione poetica e storica, attraverso la quale tutto ci viene raccontato. Una contrapposizione appunto esplosiva, che non può che condurre a una deflagrazione:
Non era una gran vita – così ci confessa Abele – non era un gran paese. Ma era la mia, la nostra Patria. E adesso non c’è più. Adesso non ci siamo proprio più…
A. B.
P.S. Il dubbio fatale riguardo questo spettacolo avrebbe potuto essere: “Queste vicende interesseranno solo chi, per età anagrafica, le ha in qualche modo vissute?’”. Confesso di essermi posto questa domanda. La risposta l’ho avuta nel “dopo spettacolo”, quando Banfo è tornato sul palco nei panni di Autore-pedagogo, come sempre particolarmente disponibile oltre che sensibile a certe questioni: la sincera curiosità e le domande spontanee, acute e profonde, dei ragazzi di un Liceo presenti tra il pubblico sono state tante e tali da farmi pensare che se il Teatro è sempre, in qualche modo, necessario, questo “Patria” sembra esserlo davvero, per moltissime (buone) ragioni.
Andato in scena dal 31 ottobre al 5 novembre a Campo Teatrale a Milano
PATRIA. IL PAESE DI CAINO E ABELE
Drammaturgia Fabio Banfo
Regia Giacomo Ferraù con Fabio Banfo
Aiuto regia Giulia Viana
Con Fabio Banfo
Una coproduzione Mamimò-Eco di Fondo