“Every brilliant thing”: Filippo Nigro al Teatro Nuovo di Napoli
“Settecentosessantuno. Decidere che non si è troppo vecchi per arrampicarsi su un albero.”
“Every brilliant thing”, le cose per cui vale la pena vivere, le cose per le quali potresti anche morire. Nella vita, talvolta, ci sono dei momenti, dei nodi cruciali che sono come delle porte, delle strade che, una volta prese, deviano il nostro percorso e ci trasformano in quello che forse dovevamo essere, questo non lo sapremo mai, anche se possiamo provare a scriverlo, a raccontarlo addirittura, come ha fatto Duncan Macmillian nel 2013 con questa pièce teatrale.
Una telefonata mentre tuo padre è in ospedale, uno squillo minaccioso che sai già cosa vuol dire. Sempre tuo padre, in un’altra vita, viene a prenderti all’uscita di scuola, situazione rara e strana, per andare insieme nello stesso ospedale dove dicono si trovi tua madre, che non ti vuole vedere, vuole proteggerti, forse. Un tragitto silenzioso, taciturno, senza parole. Un percorso di soli perché. Perché, perché, perché. Sarebbero così tante le domande, altrettante le risposte che, senza nemmeno spegnere le luci, puoi solo restare seduto in teatro a guardare Filippo Nigro prendere la situazione in mano. Inizia a raccontare una storia, in prima persona, la sua storia, ma potrebbe essere la mia, mentre aspetto la telefonata, o della persona seduta accanto a me che ha un numero e un foglietto, proprio come lo spettatore vicino. Abbiamo tutti dei numeri e delle frasi. Le cose per cui vale la pena vivere. Uno, gelato. Due, correre nel prato. Tre, andare al Teatro Nuovo di Napoli per assistere alla messa in scena di “Every Brilliant Thing” di Duncan Macmilaan per la regia di Fabrizio Arcuri con Filippo Nigro. La storia è quella di un ragazzino prima, un giovane studente e un uomo poi. Tre momenti diversi della vita del narratore alla prese con la depressione della madre, che diventa un po’ la sua. Il senso di colpa condizionerà tutta la sua esistenza e i rapporti prima con il padre, poi con l’amore. Le relazioni, si sa, non sono mai facili, soprattutto quando non si trova un motivo per portarle avanti.
Come tutti, abbiamo bisogno di difese, stratagemmi per andare avanti, ancore alle quali aggrapparci: il protagonista, nel raccontare la sua storia, scrive la lista delle cose per cui vale la pena vivere. Dodici, vedere Filippo Nigro prendere tra il pubblico la tua ragazza per interpretare la sua ragazza nell’opera. L’attore non solo condivide il racconto con il pubblico, rompendo la consuetudine che vede le persone comodamente sedute in poltrona, ma coinvolge direttamente gli spettatori chiedendo loro di interpretare dei ruoli che aiuteranno a delineare meglio la biografia del narratore. Trecentoventisette, vedere persone che ballano senza motivo e in maniera imbarazzante mentre tutti gli altri stanno a guardare. Siamo così tutti coinvolti, non ci sono filtri, nessuno ha più remore o timori, siamo tutti parte dello spettacolo. Quarantadue, trovare un modo per continuare la lista delle cose per cui vale la pena vivere, non fermarsi a quelle più importanti, quelle grandi, ma andare oltre, arrivare al dettaglio, lasciarsi trasportare e cantare con Filippo Nigro le canzoni che il padre amava da ragazzo e che ascoltava con lui. Settantacinque, capire che una lista del genere più che aiutare gli altri serve a noi. Svegliarsi la mattina con il piede giusto, nessuno si salva da solo ma in fondo lo siamo tutti, soli. Magari in una macchina, anche se è una cosa da uomini. Ottantanove, non fermarsi qui, sentire la vita, basta sensi di colpa per chi non c’è più. Sapere di aver fatto tutto quello che era in nostro potere. Seicentosettanta, perdono e assoluzione. Novecentotrentuno, innamorarsi ancora, non aver paura che tutti vadano via, il silenzio non sempre è ingombrante. Undici, la professoressa del liceo che richiama e ci tende la mano, la maestra delle elementari, la ricerca di un aiuto. Mille, quando non tutto va come deve andare e troviamo lo stesso un senso alle cose. Novantotto, cercare tra il pubblico persone da poter coinvolgere così che ogni sera lo spettacolo può essere diverso perché diverse sono le persone. Bisogna essere davvero bravi come Filippo Nigro per portare la storia dove si vuole giocando e improvvisando quando un veterinario, per caso, si riprende il suo posto proprio quando ti stavi sedendo.
Ottocentomilaventidue, vale la pena vivere, sempre. Per trovare nuove cose da aggiungere alla lista. Quattordici, il teatro. Milletrecentouno, i dolori del giovani Werther. Seicentosessantasei, Filippo Nigro che gira tra il pubblico scrutando le facce.
Tremilacinquantacinque, le lacrime quando scopri che forse non hai abbastanza cose per cui vale la pena vivere. Trentatre, quando una ragazza ha le tue stesse voglie. Un milione, sentire il peso leggero della vita altrimenti “se vivi tanto a lungo e arrivi alla fine dei tuoi giorni senza esserti mai sentito totalmente schiacciato, almeno una volta, dalla depressione, beh, allora vuol dire che non sei stato molto attento!”.
Antonio Conte