“Essere una Quercia”: la voce della natura
“Tutti quanti dovremmo avere un albero dove ritrovare le nostre radici.
Il nostro albero.
Il mio è una quercia”.
Esattamente è Quercus Petraea l’albero di Laurent Tillon. È “l’albero bello, solido come una roccia”, che l’autore – biologo e ingegnere forestale – incontra per la prima volta all’età di quindici anni e da cui non si separerà più.
Ma, “cosa sono gli alberi?”. Gli alberi si adattano all’ambiente in cui nascono, hanno punti invisibili come la cima o le radici e un’organizzazione interna – vedi, ad esempio, la corteccia – tutt’altro che semplice. Per capirlo e capirli abbiamo bisogno di toccarli. Abbiamo bisogno di trovare il nostro albero per arrivare ad avere un contatto, a quella pace interiore che chiunque ne abbia trovato uno dice di aver raggiunto, una vera felicità. E chissà se anche loro arrivano a percepire la nostra, di presenza.
Quercus nasce nel 1780, ha duecentoquarant’anni e ha visto cambiare molte stagioni, altrettanti paesaggi e ha ospitato numerose vite – topi, salamandre, scarabei, lupi, pipistrelli… – e microrganismi al suo interno. La sua presenza è indispensabile per la natura e la sua scomparsa modificherebbe l’ambiente che la circonda, che però non tarderebbe comunque a ritrovare il suo equilibrio. Persino lo stesso Tillon non è altro che “un elemento di passaggio” nell’arco della sua lunga esistenza.
“… questa conversazione tra due specie ci porta a una consapevolezza.: sarebbe ora di osservare meglio la natura che ci circonda, di rispettarla come si deve, e di ispirarsi ad essa… davvero, per crescere”.
“Essere una Quercia” (2021, pp. 263, euro 21.90) di Laurent Tillon – che ci regala anche illustrazioni dettagliate dello stesso autore, affiancate dalle suggestive fotografie di Irene Kung – fa parte della nuova Collana Tracce di Contrasto – presentata per la prima volta quest’anno al Salone Internazionale del Libro di Torino – che nasce dal lavoro del comitato editoriale formato da Goffredo Fofi, Roberto Koch e Telmo Pievani. Una Collana ideata per lasciare spazio a narrazioni e immagini di mondi lontani, alle voci di animali e piante.
“… assistiamo, impotenti, alla follia umana che conduce a infelici eventi, sconvolgendo cicli naturali che hanno impiegato milioni di anni per stabilirsi”.
Marianna Zito