“Essere rosso” di Javier Argüello
Inizia con “Tutti i libri hanno una storia” l’ultima fatica di Javier Argüello, “Essere Rosso” (Voland, 2020, pp. 159, euro 17) tradotto in italiano da Francesco Ferrucci per la Collana Intrecci. E la storia che viene narrata è quella di tanti ragazzi e ragazze che scesero in piazza e lottarono per difendere i loro ideali. Ragazzi che volevano cambiare il mondo e che noi conosciamo attraverso i ricordi ancora vividi dei genitori di Argüello, che si intrecciano a quelli dell’autore stesso.
È attraverso i loro racconti, narrati da più voci – quella giovane e speranzosa dell’autore e quella ormai nostalgica dei genitori – che siamo catapultati, fin dalle prime pagine, negli anni della rivoluzione in Cile e in Argentina, fino ai giorni del golpe. Giorni di incessante lotta politica che segnano la caduta di Allende e l’ascesa di Pinochet, passando per la situazione nell’ex URSS, fino alla caduta del muro di Berlino. Conosciamo il volto di una generazione che, riunita in quelle piazze, gridava a gran voce slogan rivoluzionari, perché credevano davvero che dalle loro voci potesse nascere l’uomo nuovo. Un uomo nuovo che, con coraggio, avrebbe dovuto anteporre il bene comune alla sicurezza personale, perché chiamato a una profonda trasformazione sociale in cui l’uguaglianza e la giustizia fossero riconosciuti come i pilastri del nuovo essere. Un uomo nuovo che guarda con ammirazione a chi, pur venendo dal nulla, riesce ad emergere. Un uomo che diventa il manifesto del sogno comunista e, più in generale, di un mondo migliore in cui il capitalismo, in eterna contrapposizione con il comunismo, aveva perso. Il racconto è reso così bene che è impossibile non immedesimarsi, sollevando mille domande e costringendo a una riflessione dolorosa, ma necessaria. Comprendiamo davvero i motivi che hanno spinto quei ragazzi a combattere e gridare, ma non apparteniamo alla stessa generazione, successivamente il sogno di uguaglianza ha lasciato il passo al disincanto e alla disillusione. Già, perché in fondo in questo libro c’è anche molta disillusione. Quella che proviene dal fallimento del sogno comunista e che oggi porta a sentirci più vicini all’autore quando, difronte alla caduta di QUEL muro si chiede cosa stessero davvero celebrando. E ci chiediamo anche se oggi ha ancora senso parlare di destra e sinistra.
Cosa o chi ha vinto davvero? Ma soprattutto, abbiamo fatto il possibile? La risposta probabilmente ce la fornisce la storia. No, non abbiamo fatto il possibile. Abbiamo dato la colpa a chi ritenevamo fosse il “nemico”. Abbiamo continuato a cercare colpevoli fuori da noi e abbiamo mascherato il dolore del passato con nuove ideologie. Abbiamo coperto alcune cicatrici e giustificato abusi, solo perché operati da chi pensavamo si trovasse dalla parte della ragione. Abbiamo fatto sì che venisse perpetuato il male anziché interrogarci su cosa potevamo fare per combatterlo. Non siamo andati all’origine del problema perché non ci siamo mai chiesti davvero se crediamo così tanto nell’essere umano tanto da considerarlo all’altezza di certi ideali. La vera rivoluzione deve partire dalla nostra coscienza, quella che non si limita a farci scendere nelle piazze ma che ci guida nel ritorno a casa, nei luoghi in cui dovrebbe iniziare il vero cambiamento. Ognuno nel suo piccolo. Questo significa forse “essere rosso” e forse in questo dovremmo identificarci anche noi. E qui, la politica non c’entra nulla.
Sara Pizzale