Esce il 17 gennaio “Faccio un cinema”, il nuovo disco de Il Triangolo
“Se mi fai stare bene o mi fai stare male, non importa”
Venerdì 17 gennaio 2020 esce “Faccio un cinema”, il terzo disco firmato Il Triangolo, per l’etichetta Ghost Records, formazione musicale originaria di Luino (VA) composta da Marco Ulcigrai (chitarra e voce) e Thomas Paganini (basso e cori) anticipato dal singolo “Nella Testa” uscito lo scorso 4 dicembre: “fuori c’è la tempesta, mentre piove ho il temporale nella testa” indicativo del caos di ciò che ci circonda, che può portare anche al caos “nella testa” di ciascuno di noi, come una sorta di riflesso automatico.
Un disco che segna un salto di qualità nel sound e nella composizione, un disco breve (9 canzoni), ma che non lascia fuori nulla, un lavoro che lascia soddisfatti dalla prima all’ultima canzone. Il singolo apripista, con relativo video, già era promettente di qualcosa di buono e così è stato: l’album si ascolta e riascolta, si segue facilmente il beat e le melodie restano impresse.
Il Triangolo pubblicò il primo disco nel 2012 “Tutte le canzoni” e due anni dopo, nel 2014 “Un’America”; dopo cinque anni la band ha assecondato e esaltato una crescita molto positiva: dal sound anni ’60 del primo disco all’evoluzione più moderna del secondo a ora rombando oltre con questo nuovo lavoro, che oltre a testi arguti ha un suono più maturo, pieno e curato, con un tocco di fiati e di elettronica a impreziosire il tutto. La title track del disco è un brano immediato e dal testo molto arguto: parla di come se i ruoli di tv e di vita reale si siano capovolti, tanto che “quella pubblicità mi fa arrabbiare e poi non è la verità / spengo il televisore e faccio un cinema”.
Ma ecco, oltre alle prime due tracce, un breve accenno agli altri brani del disco, track by track:
“Volevo un vizio” evoca la voglia di qualcosa che possa durare e permettere di abbandonarsi senza impegno, permettendo l’ozio:“Volevo un vizio, ma poi si è rotto, ci abbiamo giocato troppo”
“Giorno sbagliato” declama il desiderio di sincerità (“era da un po’ che non piangevo mentre scrivevo le canzoni”), vuole andare oltre le apparenze di modi e comportamenti “non è quello che pensi, ma come lo dici.”
“Messico” è a mio parere il pezzo più bello di tutto il disco, un vero gioiello, con una sonorità che accoglie l’elettronica: “possiamo io e te sopravvivere al freddo glaciale al sole tropicale senza assumere sostanze che nella città occidentale sono tante amore, colorate come il Carnevale”
“Siamo diversi” è una bellissima ballad, semplice e con tocchi anni ‘80 e un effetto orchestrale: “noi siamo diversi dagli altri pazienti, non siamo depressi, a volti scoperti, se siamo diversi, basta guardarci”.
“Appunti” ha un ritornello trascinante e rievoca nel testo i tempi di scuola e l’inevitabile perdersi per l’aver intrapreso nuove strade: “non dimenticare mai, ma tu che fine hai fatto quando ne avevo bisogno?”
“Ivan” è la storia di un ragazzo tossicodipendente, diretta e disincantata: “buttar via una storia, frenare una voglia che tanto si schianterà fra i boschi ed il lago, fra Londra e Milano”
“Il cielo” inizia con un riff simpatico e che incita al fischiettio mentre il ritornello canta “il cielo oramai non c’è più il cielo oramai è sotto di noi”
Un disco notevole, che non stanca e che si insinua piacevolmente nella memoria, da non perdere il primo appuntamento dal vivo con uno showcase con miniset acustico domenica 19 gennaio a Milano al Rocket Bar sui Navigli (Ripa di Porta Ticinese 93) – ore 20.30 ingresso gratuito.
Roberta Usardi