“Elektra” al Teatro di San Carlo a Napoli: Sinfonia di dissonanze ed emozioni estreme
Da venerdì 27 settembre a giovedì 3 ottobre 2024 sul palco del teatro di San Carlo a Napoli riparte la stagione dell’opera con “Elektra”, la potente tragedia in un atto di Richard Strauss, su libretto di Hugo von Hofmannsthal da “Elettra” di Sofocle. Dirige l’Orchestra del Teatro di San Carlo Mark Elder per la regia di Klaus Michael Grüber. Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo con Maestro del Coro Fabrizio Cassi. La produzione, già premiata nel 2003 con l’Abbiati come Miglior Spettacolo dell’anno, si è rivelata un connubio di intensità e rigore, dispiegando sul palco la storia di vendetta e follia familiare della casata degli Atridi (la stirpe di Agamennone). La regia di Grüber si distingue per la precisione drammatica, dove ogni movimento e ogni silenzio sottolineano il peso emotivo della vicenda.
L’ambientazione dell’artista Anselm Kiefer, nella sua prima scenografia operistica, richiama l’idea di un relitto, monumentale, come di una Grecia industriale, un paesaggio geometrico e scarno fatto di container che si allungano verso l’alto, con porte che sembrano soglie tra il mondo dei vivi e quello dei morti. L’immaginario evocato da Kiefer è al tempo stesso astratto e opprimente, giocato su contrasti visivi potenti: luci fredde e ombre che a tratti inghiottono i personaggi, trasformandoli in figure monolitiche, quasi scolpite. Le cavità architettoniche e gli spazi vuoti si fanno metafora del tormento interiore di Elektra, costantemente intrappolata tra i ricordi del padre assassinato e il desiderio di vendetta. È una scelta stilistica audace, capace di amplificare il senso di soffocamento e annichilimento che pervadono l’intera opera.
Nel ruolo di Elektra è Ricarda Merbeth, dalla presenza possente e drammatica, ha incarnato l’ossessione e la disperazione del personaggio: risuonava nelle sue note il dolore di una figlia schiacciata dal peso della vendetta e dal fantasma del padre. La sua Elektra è un essere quasi disumano, privo di compassione e divorato dall’odio, e proprio per questo ipnotico. Accanto a lei, Evelyn Herlitzius nel ruolo di Clitennestra, è una donna logorata dalla colpa e dalla paura, in contrasto con la rigidità inflessibile di Elektra. Elisabeth Teige nei panni di Crisotemide ha invece portato un soffio di umanità e dolcezza, quasi un contrappunto alla durezza delle altre due protagoniste. È una donna che vorrebbe tornare a vivere, fuori dalle catene della prigionia. I personaggi delle due sorelle si contrappongono, richiamando gli archetipi di apollineo e dionisiaco nell’aspetto (scura, disordinata, agguerrita la prima, candida, eterea, delicata la seconda), e nelle parole, richiamano il principio di morte e distruzione (la prima), e vitalità e ricostruzione (la seconda). Con il suo arrivo di solenne vendicatore, l’Oreste di Łukasz Goliński aggiunge la gravitas finale alla tragedia.
Una storia di sangue, smania di vendetta, scontri generazionali, nevrosi, deliri e omicidi, che culmina in una danza di esaltazione finale della protagonista, manifestazione del dionisiaco di nietzschiana memoria, atto liberatorio in cui Elektra muore sopraffatta dalle emozioni. La musica è un continuo flusso di tensione, che non concede tregua né al pubblico né ai protagonisti. La direzione musicale di Mark Elder ha rievocato una sinfonia di dissonanze, cromatismi e politonalità, capaci di suggerire emozioni estreme. Si mantiene in un equilibrio tra il caos sonoro e i momenti di lirismo, sottolineando i leitmotiv che attraversano l’opera senza appesantirli.
Ho adorato l’aggressività delle percussioni e degli ottoni nei momenti più violenti, e la delicatezza degli archi in alcune aperture melodiche, soprattutto nei dialoghi tra Elektra e Crisotemide. Un’Elektra, al Teatro di San Carlo, filtrata attraverso la lente modernista di Strauss e Hofmannsthal, che cattura la brutalità e l’intensità emotiva della tragedia sofoclea, per un’esperienza teatrale e musicale che scuote. Se amate l’opera che sa coinvolgere e lasciare senza fiato, Elektra è uno spettacolo imperdibile.
Brigida Oria
Fotografia di Luciano Romano