È uscito il 12 giugno “Sognando” di Gianni Maroccolo feat. Don Backy e Edda
Un vero brano di culto scritto nel 1971 da un cantautore fra i più importanti della musica italiana, Don Backy. Una canzone struggente e disperata che affronta il tema della follia, portata al successo nientemeno che da Mina nel 1978, anno dell’entrata in vigore della legge Basaglia. Adesso rimanipolata da un alchimista del suono come Gianni Maroccolo in una nuova versione cantata dallo stesso Don Backy, oggi ottantenne in splendida forma artistica, e da un artista dissacrante come Stefano “Edda” Rampoldi.
Esce il 12 giugno sulle piattaforme digitali il singolo “Sognando” feat. Don Backy e Edda, accompagnato dal video diretto da Michele Bernardi che ha animato le immagini realizzate da Marco Cazzato. Sognando anticipa l’album Alone vol. IV, il quarto capitolo del “disco perpetuo” di Marok, in uscita il 17 giugno per Contempo Records.
Una versione ultra-contemporanea che mantiene però intatta l’anima della versione originale, una traccia che oscilla fra oscuro minimalismo ed estrema densità di suoni, coordinate entro cui si inscrive il cantato doppio di Don Backy e Edda che rimanda a una sorta di sdoppiamento della personalità. Una versione allucinata che rende ancora più profondo l’impatto emotivo del testo di Don Backy, dove alla radice della follia c’è la perdita dell’amore.
Nel video diretto da Michele Bernardi – regista ed autore di videoclip animati per diversi gruppi musicali italiani tra cui Le luci della Centrale Elettrica, Tre allegri ragazzi morti, Colapesce, Punkreas, 24 grana, Prozac+, The Zen Circus – a partire dalle immagini realizzate dall’illustratore Marco Cazzato per l’album, la dimensione della follia (che poi è il tema di fondo di tutto l’album di Maroccolo), si sposta dal piano individuale a quello collettivo, laddove la forma archetipica incontra la Storia e, soprattutto, il presente.
Dopo il bue muschiato, il pesce lanterna e la libellula dei precedenti volumi, adesso è il Tarlo che avanza lentamente e costantemente su un territorio sconosciuto. È una superfice interrotta da buche, dentro le quali il tarlo si tuffa e scava incessantemente: sono i meandri della mente, le cavità di quella che a poco a poco scopriamo essere una testa umana, in forma di vecchio busto medico/anatomico. Il tarlo corrode il busto fino a sgretolarlo, così come la malattia mentale corrode la psiche e come forse le spinte irrazionali che attraversano il nostro tempo minacciano di corrodere il pensiero scientifico.
Un video in cui la rappresentazione visiva di una patologia diventa efficace radiografia del nostro tempo, delle sue ossessioni, delle sue aberrazioni.