È passato mezzo secolo dal primo allunaggio: Palazzo Madama di Torino festeggia con una mostra
Dallo scorso 21 luglio sono passati esattamente cinquant’anni da quando Neil Armstrong fissò la banderuola a stelle e strisce su quella superficie craterica che solo pochi anni prima Kennedy aveva promesso di poter raggiungere. Ci hanno ripetuto mille volte la storia del piccolo passo per l’uomo e del suo gemello grande balzo per l’umanità, ma quest’estate – e fino all’11 di novembre – avremo finalmente l’opportunità di riscoprire un segmento dell’immaginario che lega l’uomo e la luna. Per celebrare la ricorrenza, infatti, i torinesi hanno scelto di organizzare una mostra graziosissima: nella corte medievale di Palazzo Madama (al piano terra, per intenderci) è stata allestita un’occasione culturale davvero gradevole, accattivante. L’obiettivo, come ci spiega il manifesto, è di raccontare l’influenza dell’astro d’argento sull’arte e sugli artisti dall’Ottocento al 1969. E dunque a Palazzo Madama sono accorsi davvero in tanti, e da ogni dove. I piemontesi dell’Ottocento: Giovanni Battista De Gubernatis, Giuseppe Pietro Bagetti, Augusto Carutti di Cantogno, Mario Reviglione, cui si aggiunge necessariamente il lionese Laurent Pêcheux, presente in mostra con una sensazionale Diana cacciatrice del 1788. Vari rappresentanti del primo Novecento: dall’avanguardia fiabesca di Chagall al simbolismo di Felice Casorati, fino alle vertiginose ma diligenti geometrie di Klee. Il secondo novecento colpisce l’immaginario dei visitatori con un flano di Ezio Gribaudo, una grande tela informale di Gastone Novelli, due concetti spaziali di Fontana (entrambi molto particolari, non perdeteveli), un bassorilievo d’argento e ottone di Arnaldo Pomodoro, un Titolo di giornale di Isgrò e così via. Meravigliosa la Superficie lunare di Giulio Turcato, che ricavò dalla gomma piuma la suggestione dei crateri e delle dune, strepitoso il Paesaggio TV di Mario Schifano (qui usato come copertina). Peraltro, i visitatori hanno anche la possibilità di riscoprire alcuni artisti poco musealizzati, come Karl Wilhelm Diefenbach o Arturo Nathan. Divertentissima, poi, la sezione dedicata alla collezione del signor Piero Gondolo della Riva, che riunì una serie di manufatti editoriali riguardanti l’immaginario fantastico di Sir John Herschel – che negli anni trenta dell’Ottocento convinse i giornali dell’esistenza di omini lunari alati – e di Jules Verne, al quale è stato tributato il titolo della mostra: Dalla terra alla luna. Note negative? Forse solo per la parte sul design, che necessitava di essere approfondita (anche se lo sgabello di Achille Castiglioni, nello specifico, è molto interessante).
La curatela è stata affidata principalmente a Luca Beatrice, celebre storico e critico nonché docente all’Accademia Albertina ed ex presidente (per otto anni) del Circolo dei Lettori di Torino. Luca Beatrice ha curato innumerevoli mostre, troppe per essere elencate, ma di solito tutte molto ben congeniate. In questo caso Beatrice, che ha collaborato anche con Marco Bazzini, ha scelto di ricreare una specie di Wunderkammer di suggestioni dove il nesso tra le opere e la luna è quasi sempre immediato, ma talvolta anche solo simpaticamente suggerito. L’esposizione non è cronologica: il pubblico, infatti, viene sbalzato avanti e indietro nel tempo; a volte ciò che lega più opere che condividono una stessa parete è solo un’audace volontà di proporre accostamenti cromatici e dimensionali che stridono, ma armonicamente. E questo contribuisce necessariamente a creare l’idea di un grande dedalo di meraviglie coscienziosamente accatastate. Un’occasione piacevole, ricca di contenuti, ma non didascalica nel senso comune del termine: molto, infatti, è affidato allo sguardo e all’attenzione dell’osservatore, libero di vagare con la mente mentre nell’aria si propagano le note di Clair de lune di Debussy o Space oddity di David Bowie.
Con questa mostra Palazzo Madama rinnova il suo impegno di istituzione cittadina votata non solo alla valorizzazione delle collezioni d’arte antica, ma anche (e soprattutto, forse) all’edutainment, molto caro al professor Curto, al timone del museo civico dal 2016.
Davide Maria Azzarello