Dürer. Un tesoro grafico a Bassano del Grappa
“La mente fa la mano, la mano fa la mente. (…) Il gesto che crea esercita una azione continua sulla vita interiore.”
Come un diapason, questa coppia di frasi – in prestito da “Elogio della mano” di Henri Focillon – produce una nota precisa, una vibrazione che anche un orecchio inesperto non può fare a meno di cogliere. In modo analogo, la mostra “Albrecht Dürer. La collezione Remondini” riserva sorprese ed emozioni che non dipendono dal grado di familiarità dei visitatori con la stampa d’arte. Inaugurata il 20 aprile 2019 per celebrare la riapertura di un autentico gioiello della città di Bassano del Grappa quale è Palazzo Sturm, la mostra curata da Chiara Casarin consente per la prima volta di osservare l’intera raccolta donata alla città nel 1849: un corpus di duecentoquattordici tavole originali, prova evidente del fatto che i Remondini “non furono solo produttori di immagini. Furono anche attenti collezionisti, che setacciarono l’Europa, sia per passione che per farne modello della loro produzione volutamente popolare, per raccogliere le migliori opere dei grandi maestri dell’incisione”.
Alla storia di questa importante dinastia bassanese, nonché alle principali tappe dell’evoluzione tecnica della stampa tipografica, sono dedicate le sale introduttive del museo. Prima però, nel belvedere che si affaccia sul fiume Brenta, è possibile ammirare “King Kong Rhino”, la creatura in acciaio alta quattro metri opera dall’artista cinese Li-Jen Shih – un esplicito riferimento al magnifico animale che Dürer, pur non avendo potuto guardare con i propri occhi, realizzò in xilografia seguendo la dettagliata descrizione contenuta in una lettera.
La mostra ha inizio con alcune delle opere grafiche più celebri, quali il già citato “Rinoceronte” e le affascinanti incisioni su metallo “Melancolia” e “Il cavaliere, la morte e il diavolo”. In un’altra teca si possono ammirare, l’uno accanto all’altro, un “San Girolamo penitente” datato 1496 e un “San Girolamo nello studio” del 1514: la differenza in termini di prospettiva e di impiego dello spazio è notevole, a testimonianza dell’ininterrotto lavoro di rinnovamento che l’artista portò avanti negli anni, grazie anche ai soggiorni in Italia e allo studio dei maestri del Rinascimento. “Solo Dürer seppe intravvedere, attraverso il Quattrocento italiano, l’antico. Fu lui ad inculcare all’arte nordica il senso della bellezza e del pathos antichi, della forza e della chiarezza della classicità” (Erwin Panofsky, “Il significato nelle arti visive”).
L’allestimento, all’apparenza semplice ma di grande efficacia, prosegue con il “Carro Trionfale dell’Imperatore Massimiliano I”, numerosi soggetti sacri e alcuni splendidi ritratti, fra cui risaltano in modo particolare Erasmo da Rotterdam e Filippo Melantone. Alle serie di grande formato, in particolare le xilo dedicate alla “Vita di Maria” e alla “Apocalisse”, se ne alternano di piccole dimensioni, nelle quali la mano che incide dà prova di una incredibile capacità immaginativa, oltre che tecnica. Certo, egli era figlio di un orafo, ma la precisione con cui seppe ritagliare scene di un mondo multiforme e molteplice come nella seconda “Piccola Passione” (1511) rappresenta solo un lato della medaglia. La grandezza di Albrecht Dürer consiste proprio nell’aver unito il rigore tecnico con la visione umanistica, il che lo rende una figura dirompente tanto nell’Europa di allora quanto in quella di oggi.
Il percorso espositivo si conclude con la proiezione di “Impressions of Albrecht Dürer”, realizzato da Factum Arte. Il filmato, della durata di quindici minuti, si propone di esplorare i processi di stampa, e lo fa in chiave volutamente spettacolare. Assai discutibile, dal momento che il come modifica sempre il cosa e non viceversa, la scelta di inserire senza soluzione di continuità la fresatura 3D dopo le tecniche di incisione manuale delle matrici in metallo e in legno. La mostra, allestita ai due piani superiori di Palazzo Sturm, sarà visitabile fino al 30 settembre 2019.
Ridiscendendo le scale per continuare la visita alle collezioni permanenti nel museo, non si può evitare di essere attratti da una sagoma vivace e variopinta, che regge delle stampe tra le braccia, sulle gambe e perfino sulla testa. Il tratto, inconfondibile, è quello del fu Emanuele Luzzati, che prima della sua scomparsa volle creare le immagini dei Tesini, i venditori (in Europa e nel mondo intero) delle stampe remondiniane: esiste anche un museo a loro dedicato, molto suggestivo, presso Casa Buffa Giacanton a Pieve Tesino.
Pier Paolo Chini