“Due storie di lotta”: le lezioni aperte di Alessandro Portelli
“Due storie di lotta” è un prezioso libriccino, pubblicato da Castelvecchi (2020, pp. 44, euro 6, 50) contenente la rielaborazione due lezioni aperte di Alessandro Portelli: la prima “La città e le sue storie” si è tenuta al Liceo Aristofane di Roma il 4 ottobre 2018 ; la seconda “Malcom X” si è tenuta il 16 agosto 2019 al Caravaggio Occupato di Roma; entrambe all’interno del progetto del III Municipio “Grande come una città”.
Gli anni ’60 rappresentano per Roma il periodo delle lotte di classe e della presa di coscienza dei diritti di ognuno, e Alessandro Portelli era lì a documentare queste voci, che arrivavano alle sue orecchie in un intreccio di dialetti italiani che orma appartenevano la città. Ma la musicalità di queste voci era soprattutto alle donne. Ed è tra loro che la musicista e ricercatrice Giovanna Marini riconosce l’esistenza di una sorta di vocalità urbana dalle grida ritmiche e regolari, con uso differente della voce, che legava la città alla musica popolare, tipica della campagna, che sottolineava anche le differenze di classe. Sono queste voci, i dialetti delle regioni d’Italia, a formare l’”essenza di Roma”, una nuova realtà urbana che si rintana “nella storia mutevole del canto tradizionale”, che si espande anche fino a diventare, in certi casi, una denuncia sociale, in un canto nuovo, diverso da quello da cui ha avuto origine. Ma non sono solo gli italiani a creare questa musica popolare, sono anche gli stranieri, come gli africani.
E la seconda lezione racconta appunto di Malcolm X e del suo impegno in un movimento di liberazione “con ogni mezzo necessario”, che inizia con la cancellazione del suo nome da schiavo: la resistenza comincia dalla famiglia e dalla comunità che portò ben presto alla costruzione di un’identità collettiva che trovò le sue espressioni nelle forme musicali e poetiche, come lo spiritual in grado di tenere libere le loro menti. “Allora, difendere la propria mente dall’invasione fu una delle fondamentali forme di resistenza del movimento afroamericano”. L’arma più tagliente di Malcolm X è la parola, un potere che deriva dall’Africa e dal linguaggio parlato nella Chiesa, che era un linguaggio di strada e che dà il via alla nascita di numerose forme, tra cui l’attuale rap.
Due storie legate tra loro grazie alla costruzione di un’identità collettiva, che attraversa le rielaborazioni delle storie orali e delle musiche tradizionali, fino a confluire in una nuova narrazione orale che diventa un mezzo di cambiamento e lotta sociale e che interseca il blues afroamericano con gli stornelli tradizionali italiani.
Marianna Zito