“Dove sei, Pt. 1”: La serena inquietudine del presente nel nuovo album di Lucio Leoni
“Che cosa sono diventato
Cosa mai diventerò
E poi perché, perché, perché
Vorrei andare via, vorrei ricominciare
Sempre tutto da capo
Ma non so perché, perché, perché”
Dove vai – Pierpaolo Capovilla
Qualche volta, anzi spesso, le parole giuste per descrivere il sentimento di un artista vanno ricercate tra quelle dette da altri artisti che sono accomunati dalla stessa sensibilità. Questa è una di quelle volte. In “Dove vai” di Pierpaolo Capovilla, artista apparentemente lontano ma per tanti versi invece vicinissimo a Lucio Leoni, c’è tutta l’inquietudine che anima un uomo nel suo continuo tentare di suturare la distanza tra aspirazioni del passato e un futuro ancora indefinito.
Il “Qui e Ora” che l’album racconta è esattamente a metà tra il “Quant’era bello quando ci dicevano avete tutta la vita davanti, e adesso che siamo fuori pericolo guardiamo indietro cercando il futuro” (“Dedica”, feat. Francesco di Bella). Il territorio in cui Leoni si muove è una sorta di età di mezzo (Lucio Leoni è infatti nato nel 1981, un anno dopo l’ultima volta che il sangue di San Gennaro non si è sciolto, come ci rivela in una delle sue canzoni…) e di terra dell’abbastanza che rappresenta molto bene tutta la nostra epoca. “Siamo in mezzo al mare e navighiamo a vista” (ancora “Dedica”, feat. Francesco di Bella) non è, pronunciata da Lucio Leoni, una frase retorica, ma la sintesi di una vita trascorsa sul ponte di una nave in mezzo a un mare sconosciuto e spesso in tempesta. È questa forse l’immagine “mossa” e indefinita di un artista, e azzarderei anche di un uomo, che sfugge alle etichette e volutamente le rifugge. Senza clamori, consapevolmente. Il suo approccio alla vita, per scelta e probabilmente più di qualche volta per necessità, è “naturalmente trasversale”, e in questa sua resistenza alle classificazioni estremamente contemporaneo.
Fuori dallo spazio, fuori dal tempo, ma profondamente dentro entrambi.
Lo vedi? “Tutto torna”.
Ad emergere, sin dai primi ascolti, è la capacità di mettere in connessione elementi che provengono da mondi ed esperienze, anche personali, molto diverse. Non si tratta di una questione semplicemente stilistica, o di commistione di generi (rap, folk, teatro canzone, sperimentazioni sonore ecc. ecc. ecc.). A sorprendere, e se vogliamo anche destabilizzare ma certamente coinvolgere l’ascoltatore, è la sostanza: un album maturo, dove creatività ed esperienze di vita eterogenee riflettono un “genio” in senso Munariano (Bruno Munari, non a caso un artista vicino al Gianni Rodari citato in “Treno”), capace di andare alla radice delle cose e stimolarci a porci le domande giuste.
Ciò che dovrebbe sempre accadere.
A chiudere il disco, per una delle collaborazioni più preziose con un grande artista del Teatro italiano (Andrea Cosentino), un pezzo che contiene la domanda delle domande, quella che Lucio Leoni, a differenza di molti altri, dimostra di essere capace con la sua musica di porre a chi ascolta:
“Lo sai che l’Arte deve porre domande e NON dare risposte?” (“Mi dai dei soldi” – Andrea Cosentino)
P.S. Welcome to Rebibbia – Una modesta proposta e un suggerimento all’Atac, Azienda dei Trasporti di Roma: sarebbe bello se la stazione della Metro di Rebibbia, oltre al murale di Zerocalcare, proponesse a chi vi transita un sottofondo musicale con i “pezzi” di Lucio Leoni (questo artista se lo merita, il suo quartiere anche)… 😉
Alessandro Bizzotto
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