“DONCHISCI@TTE” – Quanti ideali da difendere in un mondo sempre più virtuale?
“El hombre sin honra peor es que un muerto” (L’uomo senza onore è peggio che morto) – Don Chisciotte
È possibile, attraverso la riscrittura di uno dei testi più citati (ma anche meno conosciuti e più travisati) della storia della letteratura, portare ai giorni nostri le tematiche affrontate nel capolavoro di Miguel de Cervantes?
Questo “Don Chisci@tte”, con la “chiocciolina” al posto della “o”, cerca di farlo, partendo senza dubbio da eccellenti premesse. A partire dalla ricchezza e complessità, tradizionalmente misconosciuta, di questa straordinaria opera. Il protagonista dello spettacolo, un contemporaneo sedicente Cavaliere Quantico asserragliato in un garage e collegato al mondo esterno solo attraverso i social, ci invita ad approfondirne le vere tematiche sin dall’iniziale “dichiarazione d’intenti”: “Il Don Chisciotte è un’opera che tutti dicono di conoscere, ma pochi leggono”. Lo spettacolo, in qualche modo, cerca di seguirne il percorso raccontando qualcosa di molto contemporaneo, come i rapporti sociali ai tempi di Internet, insieme a temi universali come giustizia e amore. Altra “premessa”, se così si può definire, indubbiamente riuscita è la scelta degli attori che interpretano Don Chisciotte (Alessandro Benvenuti) e Sancho Panza (Stefano Fresi). Entrambi infatti si rivelano perfetti per caratteristiche sia fisiche sia caratteriali, il che risulta alla fine determinante per creare l’amalgama e la relazione che “tengono” di fatto lo spettacolo. O, per meglio dire, il potere creativo del conflitto tra estremi.
Il primo (Don Chisciotte – Alessandro Benvenuti) mette in scena tutta la sua folle ma ricca complessità ideale, ma anche una dietrologia a tutti i costi che tende a spingerlo verso un paranoico complottismo che non semplifica certo le sue relazioni con il mondo che lo circonda. Il secondo estremo (un Sancho Panza – Stefano Fresi anche notevole pianista ndr), contrappone alla eterea idealità donchisciottesca un pragmatismo che tende però a ipersemplificare la realtà, con il rischio di banalizzarla.
L’anziano blogger che sogna la rivoluzione quantica e il suo scudiero-figlio traducono il loro conflitto generazionale in una schermaglia fisica e comica che li vede affrontarsi all’interno di un garage-rifugio. Entrambi sono anime divise in due. Da una parte ciò che sono, che sentono di essere; dall’altra il desiderio di avvicinarsi alla natura dell’altro. Interno ed esterno. Il nostro “garage” e ciò che è fuori. Anche se, esattamente come il romanzo, lo spettacolo perde leggermente quota nel finale perdendosi forse in troppi rivoli e messaggi etico-sociali, la dinamica tra i personaggi funziona molto bene anche in questa riscrittura. Come nel giuramento finale ciò che conta è non lamentarsi, avere coraggio, desiderare il bene, agire, amare costantemente: in questi ingredienti universali è possibile trovare l’”onore”, tanto cercato da Don Chisciotte e da ogni uomo.
DONCHISCI@TTE, di Nunzio Caponio, adattamento e Regia Davide Iodice, con Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi, liberamente ispirato all’opera di Miguel de Cervantes. In scena al Teatro Menotti di Milano dal 12 al 17 novembre.
A.B.
Foto di Gaia Recchia