“DON CHISCIOTTE” ALLA PERGOLA DI FIRENZE: LA DOLCE FOLLIA DEL CAVALIERE ERRANTE
Forse la follia altro non è che una overdose di sogni, forse la realtà è così complessa e difficile che c’è bisogno di sognare per sopravvivere, forse c’è qualcosa di sbagliato nel costruire il rapporto con il quotidiano attingendo in racconti cavallereschi e facendoli assurgere a fonti evangeliche, o forse ancora non è nel singolo che alberga la follia, ma la follia è nel mondo, quel mondo che non corrisponde più al libretto d’istruzione che il cavaliere errante ha letto. E allora come si fa a combattere il male se il male alberga in ogni dove, se tutto si incontra e si compone nell’intreccio di una complessità che spaventa? Come identificare il bene se questo è scomparso senza lasciare traccia? Tradurre in sintesi teatrale un’opera così complessa come il Don Chisciotte di Cervantes potrebbe sembrare impresa titanica e sicuramente destinata al fallimento se non si fosse trovato il coraggio di cedere qualcosa a vantaggio di altro.
L’adattamento del “Don Chisciotte” di Francesco Niccolini con Alessio Boni e Serra Yilmaz in scena al Teatro della Pergola di Firenze sino a domenica 24 marzo, lascia poco spazio alla struttura armonica e ai complessi giochi di parole che la lingua spagnola dell’originale contiene per una rappresentazione, per quadri scenografici di rara bellezza, visionario e sognante come deve essere, capace di traghettare gli spettatori per un paio d’ore nel fantastico mondo del cavaliere errante, dove non ci sono draghi feroci e fracassi di battaglia, ma mulini a vento da combattere, greggi da sconfiggere, isole senza mare da conquistare per giungere al fine ultimo che è il sorriso d’amore di Dulcinea del Toboso. Ma la magia dello spettacolo va oltre, riuscendo quasi a far immedesimare il pubblico tutto nella dolce follia del Cavaliere, anche quando, con una contaminazione linguistica a prima vista discutibile, la moglie di Sancho Panza si affaccia da uno dei palchetti del teatro per rimproverare il marito nell’atto di abbandonare il tetto coniugale, affascinato e pronto a seguire un sogno; come non identificare quel rimprovero, incomprensibile nel fraseggio, ma simile nei suoni, ai rimproveri materni dell’infanzia di ognuno, quando dovevamo scendere dai legni di scopa improvvisati in immaginari Ronzinanti e prepararci per la cena?
La bravura senza limiti di Alessio Boni e Serra Yilmaz, senza dimenticare Ronzinante, cavallo meccanico animato con immensa maestria da Nicolò Diana, rendono questo Don Chisciotte un adattamento più che riuscito, con un cavaliere buffo e tenero nella sua follia, con uno scudiero umano e concreto capace di trattenere il padrone con un piede sulla terra e nello stesso tempo incitarlo a non smettere di sognare quando tutto sembra perduto, quando i mulini a vento sono giganti e la fine del tempo si avvicina. E noi con lui, con loro, ritroviamo l’innocenza di un istante, la voglia di continuare a vivere e sognare, senza cedere all’amarezza delle sconfitte.
Francesco De Masi