“Dna chef”: le verità che ci raccontiamo
“Dna chef” (Voland, 2023, pp. 148, Euro 16,00) è l’ultimo romanzo di Roberta Lepri, nata a Città di Castello, cresciuta in Maremma, e vincitrice di alcuni premi letterari – tra cui Moak, Teramo e Cimitile.
“Guido Nocentini, nato in Puglia il 26 di luglio di quarantadue anni prima in una famiglia per metà umbra e per metà toscana, inizia a sentirsi come un vecchio leone. Sempre più spesso afferma che il suo mestiere lo ha consumato e la sua arte distrutto, perché nonostante l’impegno e la fatica non è arrivato con esattezza dove avrebbe voluto, su una stella della galassia Michelin. Soffre di varici alle gambe, sulle mani ha cicatrici da bruciature e gli manca la falange del mignolo sinistro. (…) sente male in ogni singolo osso del corpo ma non si preoccupa e non si lamenta, considera quei dolori come ferite di guerra.”
Guido Nocentini si sente destinato a diventare un grande chef: il nonno Giovanni, cuoco fiorentino confinato alle Tremiti durante il fascismo, è ancora ricordato dagli isolani per un piatto eccezionale, le tagliatelle al sugo di ricci, una creazione che anche il nipote propone in un rinomato ristorante londinese. Coincidenza o Dna chef? Per eseguire le ultime volontà del padre, Guido torna alle Tremiti, luogo in cui proprio il padre Bruno è cresciuto ed è custodita buona parte della storia della famiglia. Nel frattempo, il primo lockdown si abbatte sull’Italia. Guido, un’opera da terminare, come lo definisce suo padre. Guido, stimato, rispettato e ben pagato eppure insoddisfatto, rabbioso, si sente derubato della sua passione. Ogni cosa pare al posto giusto, ma l’angoscia lo assale.
“Guido suo nonno non l’ha conosciuto ma se lo immagina mentre tira la sfoglia e poi salta le tagliatelle nel sugo che profuma di mare. Si è sempre sentito come lui, piccolo di altezza e dalle convinzioni granitiche. Fermo sia negli ideali che nelle passioni. Rabbioso e solitario. Dna chef, certo.”
Guido crede in questo Dna, forse anche troppo, una missione che deve compiere a tutti i costi. L’ambizione di arrivare dove merita e dove gli altri non hanno avuto voglia o volontà di andare. Non perdona ai genitori, alla madre soprattutto, di non aver avuto quella stessa fame. Solo riavvicinandosi a casa, riuscirà a mettere da parte quell’arroganza, figlia di una rabbia repressa, che non gli permette di vedere la realtà delle cose, delle situazioni, delle persone. Attraverso i diari della nonna Beatrice scoprirà una storia diversa, un amore diverso, e il ripetersi degli errori. L’errore più grande, quello di genitori che (s)fuggendo solo incontro a figli che fuggono a loro volta possono andare, proprio come Guido, sempre lontano fisicamente e affettivamente.
“La perfezione. Mangia seduto fuori casa, per terra, con la schiena contro il muro assolato, un bicchiere di vino accanto. Arriva un gatto e gli si strofina tra le gambe. Guido si era dimenticato la libertà. Forse nemmeno l’aveva mai provata davvero.”
Quello che Guido alla fine scopre, e sente, è il lusso di sentirsi in pace con sé stessi.
Laura Franchi