Ditonellapiaga e Margherita Vicario a Collegno per il Flowers Festival
Da anni ormai, Collegno – come Barolo, Vialfrè, Stupinigi e così via – è divenuto un fulcro, uno snodo, un punto d’incontro, un’emozione. Ci si avvicina sempre più al concetto di appuntamento fisso, irrinunciabile; si accennano i nomi già in primavera, si acquistano i biglietti con un certo anticipo, e poi si va al parco della Certosa Reale, il monastero voluto nel 1641 da Cristina di Francia, poi complesso psichiatrico divenuto famoso per il caso dello Smemorato due secoli e mezzo dopo. Quest’anno, il Flowers Festival è partito il 29 giugno ed è finito il 16 luglio, fra antizanzare, deodoranti e omini della sicurezza arcigni che ti tolgono l’accendino spiegandoti che dovevi portarti i fiammiferi. Protagonisti: la musica e la sinistra, così tanta sinistra che poi effettivamente la gente che ti presta un fiammifero la trovi. Ospiti: solo garanzie. Guè, Rkomi, Skunk Anansie, Psicologi, Massimo Pericolo, Caparezza, Carmen Consoli, Gemitaiz, Agnelli, Peyote, Ernia, Tiersen, Eugenio in Via di Gioia. C’è chi è venuto tutte le sere, chi ci tiene a raccontarti quant’era bella la scenografia di Capa, chi non vedevi da un anno e l’ultima volta vi eravate beccati proprio lì, sul prato di fianco al palco. Solo parterre, questa volta: l’ultima edizione prevedeva ordinate file di sedie per via del covid. E prima del concerto effettivo, puoi berti qualcosa, mangiare, e firmare quelle petizioni che dovrebbero migliorare il mondo ma poi chissà se realmente accadrà.
Noi abbiamo scelto di andare a sentire Ditonellapiaga e Margherita Vicario, entrambe in scena il 13 luglio. Apre Caffellatte, esordiente. Poi arriva lei, Margherita Carducci, fresca, in shorts, crop top e capelli raccolti in alto, energica, slacciata, e non ne sbaglia una. Per un’ora d’amore (dei Matia Bazar), poi Spreco di potenziale. L’apice, ci piaccia o meno, è arrivato con Chimica, il brano che in qualche modo l’ha consacrata al grande pubblico. Perché l’ha cantata con quella squinternata della Rettore a Sanremo, certo, ma soprattutto perché il testo è semplice, ma non banale, sexy ma non troppo volgare. È divertente; la canti, la balli, e speri nel bis. Ditonellapiaga, accompagnata da pochi strumenti, gioca molto su stessa e mantiene una vocalità perfetta fino alla fine. Poi passa il testimone all’altra Margherita, la Vicario, ancora più risoluta e potente, però anche così concreta e vicina al pubblico, con gli zoccoli e la tuta. Anche lei con i suoi grandi successi: Per un bacio, Giubbottino, Pincio, Piña colada, Orango Tango. E ancora la cover di Is this love, di Bob Marley. L’ultimo singolo, Onde. Saluta, torna e fa Mandela, che al nord le esce proprio bene perché …Manila, Praga, Tirana, nasci in Angola, muori in Padania. Poi i vocalizzi col pubblico sulla base di Abaué / Marte di un trapboy. L’unica nota dolente: il fonico ha pasticciato coi bassi, e spesso sentivi vibrare il cervello fra le corde vocali e i timpani, mentre svanivano i fiati. Lei, professionale, ha proseguito imperterrita e alla fin fine è andata bene.
Davide Maria Azzarello