“Disprezzo della donna” – Il futurismo della specie: oltre brat e demure, il futurismo va in scena con Frosini-Timpano al Cinema Teatro Politeama di Pavia
“Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.”
Filippo Tommaso Marinetti
Non c’è spettacolo che non meriti di esser visto più di una volta.
Tale affermazione, tanto apodittica quanto, allo stesso tempo e coerentemente con lo spirito futuristico, discutibile e contraddittoria, mi spinge a tornare a parlare, dopo averlo ri-visto, di “Disprezzo della donna”. Al di là di come la si possa pensare è vero che ogni spettacolo, come da luogo comune (vero), è una “creatura” viva che continua a modificarsi e ad evolvere in funzione, o a volte in contraddizione, rispetto al tempo che attraversa; e se ci facciamo caso solitamente non è il testo, o la sua rappresentazione, a cambiare, quanto piuttosto la nostra percezione, a rendercelo “attuale” o “antico” (nel senso di “sorpassato”)…
Nell’approcciarmi per la terza volta in relativamente poco tempo a questo spettacolo, che si compone di materiali originali che hanno ormai superato il secolo di vita (il Primo Manifesto del Futurismo è del 1909), la mia principale curiosità non riguardava perciò tanto l’oggetto, in questo caso la messa in scena: su questa avevo già un’idea chiara su cosa aspettarmi. Ciò che davvero mi interessava era capire se, in “Disprezzo della donna”, ci sia qualcosa che oggi “ci risuona”, o meno.
Per inatteso contagio, e con mossa autoprotagonistica e perciò esplicitamente “futurista”, sento perciò l’esigenza di autocitarmi per chiarire ciò che pensavo, e tuttora penso, di “Disprezzo della donna”: “lo spettacolo è ulteriormente cresciuto, fino ad assumere una forma in cui tutto si fonde fino a rappresentare una sorta di installazione in cui le parole e i suoni “prendono corpo” e i corpi degli attori “prendono suono”. Contenuto e (è) forma, e viceversa. La sensazione, per lo spettatore, è di partecipare più che a uno spettacolo teatrale a un’Opera totale: Sinfonica, ma anche Rock, anzi prevalentemente Jazz, insomma un’immersione stupefacente in asimmetriche simmetrie e ripetizioni imprevedibili che stordisce e conquista.”
Chi conosce gli spettacoli di questa Compagnia sa quanto le loro drammaturgie, basate su un approfonditissimo lavoro di ricerca di materiali originali e documenti talvolta inediti, non sostengano mai tesi predefinite. Al contrario Frosini-Timpano costringono sempre in qualche modo lo spettatore a porsi dubbi e a rielaborare questi materiali fino a sorprendersi nello scoprire che alla contraddittorietà di ciò a cui assistono corrisponde spesso l’oscillare del loro stesso giudizio.
“Abbiate fiducia nel progresso che ha sempre ragione anche quando ha torto.”
Nell’esprimere e sostenere con uguale forza rivoluzionar-reazionaria certezze contraddittorie, nel suo essere – come diremmo oggi – sia“Brat” sia “Demure” il Futurismo ci risulta allo stesso tempo “antico” (nel senso di “sorpassato”) e attualissimo.
Perciò, pur abitando noi tempi che cambiano – e “ci cambiano” – velocemente, è sorprendentemente scontato trovarsi a scoprire come il mondo di oggi sia popolato, soprattutto se parliamo di posti di potere, di personaggi inconsapevolmente futuristi.
“Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.”
Manifesto del Futurismo – Punto 3
Quanto risuona forte e attuale… non ricorda anche a voi qualcuno?
A.B.
Disprezzo della donna – Il futurismo della specie
Drammaturgia, regia e interpretazione: Elvira Frosini e Daniele Timpano