“Disincontri” – L’ultima opera narrativa di Cortàzar
“Non ho capito bene perché, ma tornavo e ritornavo su cose che altri avevano imparato a dimenticare per non trascinarsi nella vita con tutto quel tempo sulle spalle”.
La traduzione italiana dell’ultima opera narrativa di Cortàzar, a cura di Ilide Carmignani, è “Disincontri” (Edizioni SUR, 2019, pp. 170, euro 16) che potremmo immaginare come incontri mancati o schivati, mentre nel titolo originale, troviamo Deshoras, il cui significato è, invece, “al momento sbagliato”.
Quindi, incontri diversi dai soliti che si evolvono in otto storie, raccontati come lettere o messaggi in bottiglia “che rientrano in quei lenti, prodigiosi sea-changes che Shakespeare cesellò nella Tempesta”, metamorfosi marine a raccogliere momenti fugaci o passati, “sono passati tanti anni e tante cose fa”, misteriosi o irreali; dove ai ricordi si incrociano strane coincidenze, che prendono spontaneamente la forma del sogno. Ora è una lettera d’amore a Glenda – attraverso cui l’autore crea un continuum con l’opera precedente – ora è il viaggio surreale di Diana e la sua immobilità nel non riuscire mai a “prolungare qualcosa di bello”; oppure l’immaginarsi nel dire quelle “parole che mi avrebbero portato a incontrare Sara e a farmi riconoscere”, a distogliere lo sguardo dal presente; o ancora il sonno di Mecha, a perdere i giorni e risvegliarsi giusto in tempo per continuare a cercare ancora, in fondo al tempo.
Sono tutti istanti fermi davanti ai nostri occhi, le parole di Cortàzar, come scatti fotografici che qui non solo immortalano la realtà, ma anche i nostri pensieri, persino quelli più segreti, nascosti nell’inconscio attraverso il tempo. Pensieri che ci restano però sempre attaccati addosso, a sottolineare la nostra fragilità e la nostra natura umana, da cui difficilmente riusciamo a sfuggire e da cui, forse, non vogliamo fuggire.
Marianna Zito