Dipingere ciò che non si vede. “La ragazza sul divano” di Fosse e Binasco
Valerio Binasco torna ancora una volta a farsi regista e interprete sulle scene italiane del teatro di Jon Fosse, Premio Nobel per la Letteratura 2023. Dopo il debutto torinese a marzo, la tournée de “La ragazza sul divano” ha raggiunto il Teatro Vascello di Roma, fino allo scorso 21 aprile. Il Vascello, con la sua platea gremita e attenta, permette al testo dell’autore norvegese di respirare nella giusta dimensione.
In un appartamento scuro, così concreto eppure dalla temporalità e spazialità sfuggente e astratta, con i suoi piani sovrapposti e richiami compositivi e luministici ad Edward Hopper (scena e luci di Nicolas Bovey), una donna di mezza età (Pamela Villoresi) si scaglia contro il suo lavoro d’artista. Continua a tentare e fallire (gestualità ripresa e amplificata nelle pitture in proiezione video di Simone Rosset): “Mai stata brava a disegnare, mai stata brava a vivere. Ma del resto qualche cosa bisogna pur farla”. Prova a ritrarre l’immagine di se stessa da ragazza, sul divano, un’ossessione silenziosa ma impossibile da fuggire. La donna si scontra con l’impossibilità di mettere a fuoco in maniera oggettiva quella figura e il suo passato, mentre ne rievoca i fantasmi per tentare ancora una volta di farci i conti, toccando vecchie ferite mai rimarginate, ancora pulsanti di dolore. Quelle stesse ferite di cui non riesce a parlare con nessuno, neanche con suo marito (Valerio Binasco), uomo mite che dichiara di amarla ma che non ha il coraggio di ascoltarla e di starle vicino realmente. Il passato e il presente coesistono in scena senza soluzione di continuità: “Per me tutto quello che è stato è qui, senza essere qui”. La donna e la ragazza – dalle parti opposte del tempo e della vita – si guardano e si studiano, in un tentativo di reciproca messa a fuoco; incroci di sguardi silenziosi, che sentiamo carichi di un misto di tenerezza, compassione, paure, rimpianti. In un flusso di coscienza, scatenato da una necessità interiore, si delinea il trauma originario.
Abbandonata da un padre marinaio (Fabrizio Contri) che non torna quasi mai a casa, la ragazza nonostante tutto aspetta le sue cartoline e vive stringendosi ai regali e ai ricordi d’infanzia. Desidera le attenzioni della madre (Isabella Ferrari), e non vuole accettare di riconoscere i segnali della relazione di quest’ultima con lo zio (Michele Di Mauro), fratello del padre. Vorrebbe reagire inseguendo una femminilità più dirompente, come quella della sorella maggiore (Giulia Chiaramonte), che per ribellione e reazione alla tempesta familiare cerca un distacco da se stessa usando il suo corpo e soddisfacendo desideri altrui. La ragazza desidera uscire, sollevarsi dal torpore, smettere di vivere nell’attesa e in una tortura autoinflitta ma non ci riesce. Il ritorno improvviso del padre porterà la situazione a precipitare, verso una soluzione che esclude ogni perdono.
Jon Fosse riunisce nella sua scrittura la crudeltà di Ibsen e l’immobilità dei personaggi cechoviani, vittime delle proprie esistenze. Valerio Binasco, nella sua regia, ne coglie e mette in rilievo anche la sostanza tragicomica, che innerva soprattutto i ritratti del marito e dello zio. Il dramma dei personaggi di Fosse è però anche quello tutto contemporaneo di un’umanità sostanziata nello smarrimento e nella perdita di ogni certezza. Anche i contorni della protagonista sembrano sbiadirsi: “io sono in un posto dove non ci sono più né loro né io”. Il quadro rimane, inevitabilmente, incompleto. “Io non devo dipingere. Dipingo solo ciò che si vede. Ma la vita non si vede. Quelli che sanno dipingere, dipingono quello che non si vede”. E infine: “Nessuna cosa al mondo si sa. Niente. Non possiamo niente. Non facciamo niente. Nemmeno più dipingere”. Questo testo è un dramma dell’abbandono e dell’ossessione, dell’incompiutezza e della frustrazione, del vuoto e dell’incapacità di comunicare. Eppure, come sottolinea Binasco, “c’è qualcosa di religioso, uno sguardo pietoso del divino verso l’umano. […] Con Fosse siamo nel purgatorio, è tutto sospeso: scontiamo una pena ma crediamo nella luce […]. L’arrabattarsi umano, anche insensato, visto da un grande scrittore e poeta, ci rende tutti meravigliosamente belli e degni d’amore, un inutile e immeritato amore che commuove”.
Lo spettacolo continua la sua tournée dal 26 aprile al 5 maggio al Teatro Biondo di Palermo e infine a Napoli, dal 07 al 12 maggio, al Teatro Mercadante.
Mariangela Berardi
La ragazza sul divano
di Jon Fosse
traduzione Graziella Perin
regia Valerio Binasco
con Pamela Villoresi, Valerio Binasco, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Fabrizio Contri, Giulia Chiaramonte
e con Isabella Ferrari
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
suono Filippo Conti
video Simone Rosset
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Biondo Palermo
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Colombine Teaterförlag