“D’inverno, Venezia”, il romanzo di Patrizio Nissirio
“Non era Sherlock Holmes, che notava tutto, ma notava molto. Non lo faceva con metodo, era un riflesso del suo modo di guardare. Uno sguardo aperto, assorbente, senza pregiudizi. «È il tuo superpotere» lo aveva preso in giro Maria.”
Aurelio Di Giannantonio, romano, come lo è la sua compagna Maria Quaranta, dirige il commissariato San Marco, a Rio di San Lorenzo di Venezia. Lui e la sua squadra, mentre Venezia è in fermento nell’attesa del Carnevale, si trovano coinvolti nelle indagini di una strana sequenza di aggressioni da parte di uomini nascosti dietro maschere
“Avevano una strana maschera.”
“Com’era fatta?”
“Una specie di maschera da supereroe. Cioè di due supereroi.”
Ma poi arriva il carnevale, la festa veneziana si macchia di sangue: fra ponti, calli e sotoporteghi un inspiegabile omicidio che avviene a pochi metri dalla gente intenta a sfoggiare i propri costumi, scherzare e fare rumore mentre nel silenzio di un vicolo un capo mafioso viene ammazzato. Qual è il filo conduttore di questi strani episodi criminali? Qual è il movente?
L’autore Patrizio Nissirio – influenzato dalla sua dote di giornalista – in questo romanzo “D’inverno, Venezia” (Ensemble Edizioni, Collana Échos, 2021, pp. 336, euro 16) indaga, insieme ai protagonisti, il filo sottile che separa la giustizia dalla vendetta mascherata dal perbenismo. Un piccolo adesivo “M” e una scritta in latino Summa iniuria lasciati sui luoghi delle aggressioni legano le indagini.
“Che vuol dire summa iniuria?” chiese Lo Russo. […]
[…] “Summus ius, summa iniuria.” Ovvero, “Somma giustizia, somma ingiustizia”. In pratica vuol dire che si applica il diritto alla sua massima potenza, si compie spesso un’ingiustizia. La giustizia è protagonista silenziosa della narrazione, di stampo giallo-poliziesco, ambientata nell’eterna Venezia.
“Le persone camminavano lente accanto a lei. D’inverno, Venezia si concedeva tutto il suo tempo.”
Il commissario di Giannantonio – un uomo meditabondo e solitario, ammaccato dalla vita -, l’ispettore Spartaco Lo Russo – un casertano emigrato al nord -, e la sovrintendente Nina Dashwood – appena trasferita da Genova – che poco conoscono o capiscono Venezia e la sua laguna, dovranno trovare la soluzione sfruttando l’intuito e cercando gli indizi per ricucire i fatti, che sembrano scollegati tra loro, e che condurranno allo scioglimento finale del caso. Le indagini si intrecciano con le storie personali dei tre “foresti” – come li definiscono nella città lagunare -, tra colpi di scena e inseguimenti, al confine tra giustizia e vendetta in una Venezia dove il bene e il male si scontrano. I protagonisti si muovono nelle pieghe dei festeggiamenti del Carnevale – “ma sappia che per Venezia non c’è nulla che sia più importante del Carnevale”, l’evento tanto atteso dai veneziani (e non solo), che indossa le due facce della medaglia: da una parte la festa, la gioia, l’allegoria, dall’altra il mistero, l’inquietudine, l’oscurità rappresentata da alcune maschere.
L’immagine di copertina è un chiaro richiamo allo spirito, all’atmosfera del libro: un uomo solitario con il suo sigaro, che spesso viene menzionato nella narrazione ad accentuare le pause drammatiche del romanzo, in equilibrio sulla punta di una gondola, sullo sfondo Venezia – accogliente da una parte ma estremamente chiusa dall’altra-. Le riflessioni del commissario ci accompagnano lungo tutta la narrazione, rendendoci partecipi del suo percorso emotivo e umano, facendo riflettere il lettore sui temi come la giustizia, la corruzione, ed i mali che sovrastano la nostra società.
“D’inverno, Venezia” è consigliato a tutti coloro che amano il giallo-poliziesco intriso di spunti di riflessione tra ciò che è giusto e ciò che è lecito.
Rina Spitaleri