Diego Moreno: la vita sul palco e l’ultimo disco “Singoli” – L’intervista
Lo scorso 23 ottobre è uscito per Intermezzo/The Orchard “Singoli” il nuovo disco di Diego Moreno, compositore, cantante e chitarrista argentino, ma napoletano d’adozione. Il disco è stato anticipato dall’uscita dei brani “Bella Chao”, “Bella che incanta” e “Sogno (Sofia sul divano)”. Diego Moreno ha una lunga e brillante carriera che l’ha visto collaborare per lungo tempo con Fred Bongusto, oltre a collaborare a progetti che uniscono la musica alla poesia, al tango, alla canzone italiana. In occasione del nuovo album “Singoli”, gli abbiamo fatto qualche domanda per saperne di più.
Come e in quanto tempo hai realizzato il tuo ultimo album “Singoli”?
Ho realizzato la produzione durante il 2019 scegliendo tra una serie di brani che avevo scritto, alcuni dei quali anche dieci anni fa, che ho tenuto nel cassetto aspettando la giusta occasione. Tutto è iniziato nel momento in cui Roy Tarrant, il produttore esecutivo, ha proposto di fare un album di canzoni in italiano. Oltre ai brani che ho avevo già scritto ho composto altre due canzoni: “Da te o verso il mare” e “Mentre tutto passa”. Successivamente ho dato forma alle canzoni in lingua italiana con l’aiuto di Gaia Eleonora Cipollaro, una giovane artista napoletana. Mi sono subito sentito a mio agio nel cantarle, l’idea era di onorare la forma canzone e penso di esserci riuscito, anche se sta al pubblico valutare. Da indipendenti è fondamentale trovare più spazio possibile per far conoscere queste canzoni.
I brani hanno una sonorità variegata, come hai lavorato sui suoni?
Dal mio punto di vista il suono è fantastico, il produttore artistico Salvio Vassallo ha prodotto con me i brani giocando un po’ con l’acustico e un po’ con l’elettronica, ed è venuta fuori una pasta sonora che mi piace molto e che ascolto volentieri. È un album da gustare non con gli auricolari, ma con un buon impianto stereo.
Da dove arriva il titolo “Singoli”?
Arriva dalla speranza che ogni brano possa essere considerato come un singolo, che possa fare dei percorsi, anche per la varietà sonora del disco. Ogni brano ha un vestito a sé, non abbiamo cercato una sonorità comune, anche se poi c’è un fil rouge nel modo di raccontare, interpretare e scrivere la forma canzone.
Ci sono due brani con due versioni, uno è “Bella Chao”, che aveva fatto parte del progetto “Che Vive – Venceremos” di cui sei stato direttore artistico, come mai viene riproposta in questo disco?
Ho fatto il direttore artistico di quel bellissimo progetto lavorando in Sudamerica per oltre due mesi, con tantissimi artisti, ed è successo quindici anni fa. Attraverso internet, senza alcuna autorizzazione, la mia versione di “Bella Chao” ha fatto il salto e ha avuto una vita autonoma, riuscendo ad avere milioni di visualizzazioni su YouTube. Uno dei video non autorizzati ha l’immagine di Manu Chao, ma è la mia voce che canta “Bella Chao”: ha fatto quindici milioni di visualizzazioni. Questa canzone ha avuto a oggi oltre quaranta milioni di streaming con l’avvento de “La casa di carta” e ci tenavamo a metterla come bonus track in questo disco perché non era inclusa in nessuno dei miei album precedenti. Però abbiamo fatto un nuovo video con la regia di Davide Aronica e la nuova versione in “itaniolo”, come direi io. La versione originale scritta da me è stata riconosciuta dalla SIAE come opera unica per testo e sonorità.
L’altro brano invece è “Bella che incanta”, dedicato all’Italia, proposto in versione minimal e versione orchestrale, come mai due arrangiamenti?
La canzone è una mia personale dichiarazione d’amore all’Italia, non era facile evitare di cadere nel banale, ma sono contentissimo del risultato, la parte vocale è quasi non cantata, ma sussurrata e invito ad ascoltare la versione minimale in rigoroso silenzio e con luce soffusa. Durante il primo lockdown è venuta l’idea di fare una versione con l’orchestra, così è stato coinvolto l’arrangiatore Martin “Tincho” Cabello in Argentina e abbiamo lavorato a questa seconda versione, seguita da un video con immagini di repertorio dell’Italia.
Come hai scelto Napoli come luogo in cui vivere? Hai anche fuso la napolitanità e il tango con l’album “Tango Scugnizzo” nel 2008.
Poeticamente mi piace dire che Napoli ha scelto me. I primi mesi in Italia li ho passati in Sicilia, terra che amo moltissimo, poi un giorno, viaggiando verso Roma mi sono fermato a Napoli a salutare degli amici, che mi hanno talmente coinvolto da farmi rimanere, non è stata una scelta premeditata. Nel 2008 ho prodotto “Tango scugnizzo”, mi sono stati assegnati diversi premi e il patrocinio dell’ambasciata argentina, è un progetto che porterò in giro sempre. L’ho ideato inserendo brani come “Tu si ‘na cosa grande”, “Reginella” e altri con un’orchestra di tango. Da quel momento mi definisco napoletano d’adozione, anche se ho vissuto vent’anni a Pozzuoli, che ha dato i natali a Sofia Loren, che rientra nell’album nel brano “Sogno (Sofia sul divano)”. Non vedo l’ora di portare il disco dal vivo, sono un artista che ha vissuto il 90% della vita sul palco, non conosco altro.
Durante la tua carriera hai unito anche la musica alla poesia: nel 2007 con l’album “Clochard”, e successivamente con con le poesie di Massimo Troisi musicate da Enzo Decaro. Come si sono sviluppati questi progetti?
È stato tutto molto casuale, amo molto la frase che Fred Bongusto mi ha fatto conoscere di Vinicius de Moraes “la vita è l’arte dell’incontro” e io ho avuto degli incontri molto belli. Uno di questi è stato con Enzo Decaro, co-autore de “La smorfia” insieme a Lello Arena e del grande Massimo Troisi. Il progetto su Troisi, chiamato “Poeta Massimo”, riguardava componimenti creati prima di quel libro. È stata una gioia immensa lavorare a quel progetto, ho anche la fotocopia dei manoscritti di Troisi, alcune canzoni sono davvero commoventi, lui già da giovanissimo raccontava del suo cuore malandato. Con Michele Miscia è accaduto più o meno lo stesso, ho cercato di adeguare con grande delicatezza alcune poesie alla forma canzone ed è venuto fuori questo progetto molto bello che si chiama “Clochard” su una tematica sociale molto complessa. Ho anche scritto un libro, una biografia tutt’ora in commercio che si chiama “La voce del tango” sulla vita di Carlos Gardel, l’inventore del tango cantato, la sua arte è riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale. In questo momento sto scrivendo poco e trovare l’ispirazione nella poesia mi fa molto piacere.
Nel 2019 hai preso parte qui in Italia all’opera di Piazzolla “Maria De Buenos Aires”, com’è nata questa esperienza?
Questa esperienza nasce dal maestro Mauro Navarra che mi ha coivolto con un gruppo di artisti cilentani, e con il manager Christian Merlì che collabora con attori come Michele Placido e molti altri. Mi hanno voluto per questa sfida. Io stavo lavorando in studio con Salvio Vassallo, Roy Tarrant e Gaia per questo album che ha anche venature rock e invece sono passato a un’esperienza vocale di baritono legata al tango, molto complessa. Ho accettato e abbiamo fatto diverse repliche. È stata un’esperienza lontana dal pop, ma che mi ha ulteriormente arricchito.
Lo spettacolo verrà ripreso?
Penso di sì, si parla di andare anche all’estero, ma adesso ancora non si sa.
Ho letto che hai lavorato molto con Fred Bongusto, nel 2018 hai fatto uscire l’album “Che bella idea! Canzoni di BuOngustO” con tantissimi ospiti, quando hai avuto l’idea per questo lavoro?
Questo lavoro per me è quello che in spagnolo si definisce come “asignatura pendiente”, qualcosa rimasto in sospeso e che si doveva fare. Ne avevo parlato con Fred nel 2002 durante una tournée che abbiamo fatto in Uruguay e in Argentina; quando siamo stati al Conrad di Punta del Este, un posto meraviglioso, lui ha ascoltato il mio adattamento del suo primo successo “Doce doce” e da lì è nato tutto. Ho prodotto oltre quindici brani, ma è uscito solo il Volume 1, nel prossimo futuro arriverà il volume 2 con altri duetti magnifici, tra cui Enzo Gragnaniello e Valentina Stella, una cantante conosciuta nel napoletano. È un bellissimo album per la magia di quelle canzoni evergreen che ho voluto rivisitare o riproporre in un modo minimale. Mi ricorda la mia esperienza di oltre quindici anni con Fred, che per me è stato un maestro.
Quando vi siete incontrati tu e Fred?
Diciannove anni fa, nei corridoi della Rai, ed é nata subito una collaborazione, poi siamo diventati amici. Ora mi manca tantissimo, anche se la sua musica rimane. Insieme abbiamo fatto tante cose e girato a lungo l’Italia.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Non potendo andare su un palco, ho registrato un live in studio “Da te o verso il mare”, in modo semplice, ma molto vero, che uscirà venerdì 27 novembre. Vorrei avere la possibilità di promuovere dal vivo l’album, prima di pensare ad altri passi: “honrar la vida” e onorare il lavoro. Questo momento di pandemia non è stato per me un momento di creatività, c’era molto lavoro da fare su “Singoli”.
Roberta Usardi
Fotografia di Maddalena Sardellino
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