“Densità”, il primo romanzo di Raffaele Notaro
“Densità” (Mondadori, pp. 262, euro 18) è il primo romanzo di Raffaele Notaro, editor e copywriter, laureato in Filosofia del linguaggio.
Il punto di partenza
Castel Carpino è sconvolto dalla morte improvvisa di Filippo, giovane promessa del nuoto che proprio nella piscina in cui si allena decide di togliersi la vita, con una meticolosità che lascia poco spazio al dubbio. Eppure, l’intera comunità, incapace di comprendere e accettare il tragico evento, il dubbio lo crea e lo insinua, tra voci e fatti veri e presunti. A farne le spese, è in primis Gabriele, il miglior amico di Filippo.
Filippo è il vincente, quello perfetto agli occhi di tutti. Gabriele è il suo opposto, quello goffo, che non nuota benissimo, il cui fisico non è statuario, la cui popolarità è inesistente. Eppure, Gabriele e Filippo sono uniti da un rapporto profondo, non ben visto da molti, da chi non potendolo comprendere perché si ferma alla superficie, lo denigra.
“L’amicizia è questo, una differenza di densità. Ti permette di rimanere te stesso anche quando sei vicino a una corrente impetuosa”.
Dopo la morte di Filippo, la corrente diventerà davvero impetuosa per Gabriele che si troverà bersagliato, insieme alla sua famiglia, da accuse prive di fondamento.
Il punto di svolta
Così come la situazione si è ingarbugliata, alla fine si troverà il bandolo della matassa con un intreccio di personaggi: Angela e Claudio, i genitori di Gabriele; Stefania e Igino, i genitori di Filippo; Lorenzo e Sonia, rispettivamente lo storico rivale di Filippo e la ragazza che ne è innamorata; Antonella, la terapeuta; Tonino, l’inserviente della piscina. Ognuno di loro, a modo proprio, saprà andare oltre l’apparenza e i limiti del proprio passato, per scoprire che Filippo voleva solo imparare a perdere, l’unico modo per lui possibile di vincere le proprie paure e il senso di inadeguatezza che lo attanagliava.
L’arrivo
Raffaele Notaro ci regala una bella storia sul “chi siamo senza le altre persone e che cosa resta della nostra storia personale”. Forse il meglio verrebbe da dire. Perché queste pagine sono un inno al rovescio ad apparenza, superficialità e segreto.
“La verità era molto più complessa di quella che il pettegolezzo aveva preparato. Una diceria si limita a indicare, a sottolineare e poi a propagare. La verità richiede sempre qualcosa in cambio”.
Il pettegolezzo, da cui nasce l’esclusione che è il leitmotiv del romanzo, è più doloroso per chi ne è direttamente colpito, ma più facile da maneggiare per la maggioranza, per soddisfare il senso di morbosità, di curiosità. Quieta la mente con una logica apparente. Perché la verità non è per tutti, può far male e spingere a riflessioni profonde, a mettersi in discussione, a indagare quel fondo nero che tutti abbiamo.
“Sul fondo nero che ci portiamo dentro, c’è spazio per una sola persona”.
Laura Franchi