“Dell’Aurora” di Maria Zambrano nella nuova edizione italiana
La metafisica della luce è un tema filosofico di grande spessore, che ha il merito di creare un ponte fra Oriente e Occidente, due universi per altri aspetti profondamente diversi se non contrastanti. La luce, peraltro, manifesta una serie infinita di scansioni, che vanno dall’alba al tramonto, passando attraverso tutte le modulazioni della luce stessa (mattina, mezzogiorno, pomeriggio, crepuscolo ecc.) nel corso delle ventiquattro ore. E ciascuna di queste modulazioni rivela, a chi è in grado di sentire e pensare, significati diversi. La nuova edizione italiana del libro di Maria Zambrano, “Dell’Aurora” (Marietti, Bologna 2020, pp. 177, euro 20), coglie la luce nel momento della sua prima manifestazione, quello dell’aurora, appunto.
“Il germinare silenzioso dell’Aurora” è anche il titolo di uno dei capitoli più belli, e più significativi, del libro. Anche il silenzio è un tema filosofico comune a Oriente e Occidente. Il silenzio delle moschee è lo stesso silenzio della gnosi e degli Oracoli caldaici (“Il silenzio dei Padri, cibo divino”, fr. 16). Ma la luce aurorale, e il silenzio che l’accompagna, non possono essere compresi da tutti. Occorre essere liberi dalle due affezioni, solo apparentemente contrarie, del timore e della speranza, per entrare veramente in sintonia con il prezioso istante della prima apparizione della luce. E bisogna anche dimenticare la spiegazione che di questo apparire dà la scienza, con la sua «tirannia del concetto. Ciò è più facile, scrive la Zambrano – quando non si spera e non si teme qualcosa che annunci l’emergere dell’aurora. È allora che il silenzio della luce, quello che ne fa una luce vivente e non solamente offerta alla percezione, si fa sentire. Si espande senza limiti, mansueto, come olio della vita, come se in esso nascesse la vita, la vita indefinibile della luce: la vita inafferrabile che è la luce stessa, una sola cosa con essa. L’aurora è infatti anche radice, fiore, albero (della vita), anima. Ognuno di questi termini ha una lunga storia dietro di sé, che riconducono tuttavia tutti alle grandi correnti del misticismo orientale-ocidentale, e una miriade di riferimenti sorge spontanea nella mente. Dalla mistica ebraica dei palazzi celesti e dello Zohar a quella di Plotino, dove la luce, scrive la Zambrano, danza intorno al cosmo e lo avvolge, alla «rosa senza perché», ohne warum, di Angelo Silesio, alla Panaugia di Francesco Patrizi.
Di questo misticismo, parola che, anche etimologicamente, ha a che fare col silenzio, Maria Zambrano è una dei più recenti esponenti, e “Dell’Aurora” è probabilmente l’opera che meglio riassume il suo pensiero e il contenuto della sua vastissima produzione letteraria. Infatti il tratto caratteristico della prosa della Zambrano è una inestricabile congiunzione di filosofia e poesia – esplicitamente teorizzata in una delle sue opere – che chiede al lettore non solo e non tanto di essere compresa, ma soprattutto di essere sentita. Perché chi penetra a fondo nei libri della Zambrano entra in un percorso di iniziazione filosofica, e gli iniziati, come diceva Aristotele (fr. 15 Ross Sulla filosofia), non devono apprendere, ma patire, pathein, insieme a chi li guida.
Luciano Albanese