De Pisis al Novecento di Milano: un’implosione molecolare
Il Museo del Novecento di Milano ha organizzato una bellissima mostra. E il Novecento, si sa, è costellato di esperienze eclatanti, personaggi esuberanti, vicende, clamori, tumulti; un secolo roboante, contraddittorio, folle, veloce, effimero. Ma come per ogni epoca che si rispetti, altrettanto forte è l’intervento di chi rema controcorrente rispetto ai piaceri e agli interessi condivisi. E questo discorso sarebbe facilmente esemplificabile: decine e decine di persone ci hanno dimostrato che andare al passo coi tempi vale quanto la rinuncia alla celebrazione della propria contemporaneità. È quindi una giustizia poetica tornare a ricordare chi non ha sgomitato, chi non si è svenduto in termini intellettuali, chi non ha ceduto il passo alle andature di altri. E il Museo del Novecento ha scelto di aderire a questa giustizia poetica, investendo su un artista che pochi considerano e che pochissimi studiano davvero: Filippo De Pisis. Non che di mostre su di lui non ne emergano, talvolta: l’estate scorsa era a Villa Necchi Campiglio, nel 2018 al MEF di Torino, nel 2016 a Ferrara, nel 2005 alla GAM di Torino, e così via. Però spesso e volentieri si tratta di circostanze per gli addetti ai lavori, per i connoisseurs col monocolo e per i professori di ermeneutica. Eppure sarebbe bello se invece qualche critico riuscisse in un’opera di riabilitazione che lo rendesse in qualche modo più rinomato: non un artista in voga, non un pittore alla moda, ma almeno un pensatore lievemente più celebre. Non popolare, ma almeno conosciuto.
Luigi Filippo Tibertelli era nato a Ferrara nel 1896, terzogenito tra gli undici figli del marchese Ermanno, di origini pisane. Della sua vita sembra si sappia tutto e niente: abbiamo notizia degli studi, degli spostamenti, delle mostre, ma per esempio non sappiamo granché dei suoi amori. Da adolescente colleziona piante essiccate e crea un erbario che poi dona all’Università di Padova, frequenta il ginnasio con alterni risultati, legge Pascoli, dopodiché frequenta la facoltà di lettere dell’Alma Mater e cerca di inviare delle opere a Tzara, ma la censura non le fa partire. Da giovane, stima i futuristi e polemizza per lettera con Benedetto Croce. Si sposta a Roma e conosce l’amico di una vita Giovanni Comisso, visita Rapallo e incontra Montale, e nel frattempo scrive tantissimo. Di giorno espone con De Chirico da Anton Giulio Bragaglia, poi va nei locali notturni della capitale. Più volte è a Parigi, visita Londra, torna a Milano per intercessione di Italo Balbo. Negli anni Trenta è un artista affermato e impegnato: frequenta Vanessa Bell, espone in tutta Europa. Scoppia la guerra e torna ancora una volta a Milano, dove il prefetto tenta di mandarlo al confino con l’accusa di perturbatore della morale. Nel ’43 si trasferisce a Venezia, dove dipinge tra le calli col pappagallo Coco sulla spalla. E poi inizia a star male: è neuropatico.
La retrospettiva del Novecento è stata opportunamente curata da Pier Giovanni Castagnoli e Danka Giacon, conservatrice del museo. La narrazione, articolata su dieci sale, segue un andamento cronologico – dall’esordio nel 1916 ai primi anni Cinquanta – che consente ai visitatori di percepire l’evoluzione estetica e contenutistica della ricerca di De Pisis. Ad accogliere i visitatori, uno singolarissimo olio su cartone del 1916, Marina con conchiglie: un punto di partenza forse non ineditissimo ma sicuramente già in qualche modo slanciato verso gli sviluppi del futuro nonché oggettivamente rispettoso di tutta l’arte che fu. Di meraviglie, peraltro, questa rassegna ne propone tante: Le cipolle di Socrate del 1926, La grande conchiglia del ’27, Il gladiolo fulminato del ’30, il San Sebastiano del ’39. Solo per citarne alcune tra le più potenti. Ma poi, in generale, questa mostra indaga con sorprendente autorevolezza nei meandri metafisici della figurazione di un uomo che ha saputo davvero rappresentare l’esistenza da una prospettiva tanto sconvolgente quanto difficile da cogliere: passeggiando tra le sale pastello del piano terra si percepisce proprio l’implosione molecolare di chi ha visto lo strato d’essenza che copre le cose e lo ha assottigliato per traslare, infine, una verità inoppugnabile sulle tele. L’evento, inaugurato il 4 ottobre 2019, si concluderà domenica 1 marzo. Ad accompagnarlo, un meraviglioso catalogo edito da Electa con i testi critici di Castagnoli, Alessandra Capodiferro, Lorenza Roversi, Maddalena Tibertelli De Pisis.
Davide Maria Azzarello