DANZA AL CHIARO LUNARE – “SALOMÈ” AL TEATRO ELISEO
Al Teatro Eliseo di Roma – fino al 23 dicembre per la regia di Luca De Fusco – la “Salomè” erotica e dannata di Oscar Wilde, dramma scritto in lingua francese nel 1891.
“… C’est de ta bouche que je suis amoureuse, Iokanaan. Ta bouche est comme une bande d’écarlate sur une tour d’ivoire. Elle est comme une pomme de grenade coupée par un couteau d’ivoire. Les fleurs de grenade qui fleurissent dans les jardins de Tyr et sont plus rouges que les roses, ne sont pas aussi rouges. Les cris rouges des trompettes qui annoncent l’arrivée des rois, et font peur à l’ennemi ne sont pas aussi rouges. Ta bouche est plus rouge que les pieds de ceux qui foulent le vin dans les pressoirs. Elle est plus rouge que les pieds des colombes qui demeurent dans les temples et sont nourries par les prêtres. Elle est plus rouge que les pieds de celui qui revient d’une forêt où il a tué un lion et vu des tigres dorés. Ta bouche est comme une branche de corail que des pêcheurs ont trouvée dans le crépuscule de la mer et qu’ils réservent pour les rois… ! Elle est comme le vermillon que les Moabites trouvent dans les mines de Moab et que les rois leur prennent. Elle est comme l’arc du roi des Perses qui est peint avec du vermillon et qui a des cornes de corail. Il n’y a rien au monde d’aussi rouge que ta bouche… laisse-moi baiser ta bouche”.
Un notturno lunare domina la scena, minimalista, ma nel complesso icastica e sapientemente costruita. Questo cromatismo crea un filo diretto con la protagonista, la principessa Salomè, interpretata da Gaia Aprea, candida figura androgina, a tratti spettrale e alinea nella sua macabra determinazione emotiva. Con il bianco contrasta il rosso, il rosso del sangue di cui è intrisa tutta la vicenda. Wilde, infatti, attingendo a fonti antiche e moderne, ha tratteggiato una Salomè dalla volontà inflessibile che, rifiutata dal profeta Iokanaan, arriverà a chiederne la testa. A muoverla è una passione sinistra, un lugubre capriccio, che condurrà lei stessa alla morte. Al suo profilo ieratico e forse isiaco fa da contraltare la figura di Erode Antipa, magistralmente interpretato da Eros Pagni, che a tratti ci rimanda nostalgicamente all’indimenticabile interpretazione beniana del 1964. La sonorità grave e magniloquente del suo titolo, Tetrarca, contrasta con l’ethos di un personaggio a tratti caricaturale, grottesco nella sua performance, che crea una coppia comica con la moglie Erodiade (Anita Bartolucci). Erode, per il desiderio lascivo di vedere Salomè eseguire la danza dei sette veli, si ritrova vincolato in un giuramento che, pur non volendo, dovrà mantenere: rendere alla principessa la testa di Iokanaan su un bacile d’argento.
Su questo sfondo selenico, inquietante e turbato dal tono oracolare del profeta, i dialoghi tra i personaggi mantengono un andamento retorico, studiato e suadente, che li dispone in responsione strofica. Prima della brutale uccisione del profeta, si consuma l’ultimo, disperato tentativo di Erode per dissuadere Salomè dalla sua orrenda brama. In queste battute si distingue un raffinato priamel, un’elencazione descrittiva e incalzante di rari, raffinati e preziosi doni, che pure, alla fine, non distolgono la principessa dalla sua macabra richiesta. Candore e peccato: è questo il sinodo originale che questo spettacolo sa portare sulla scena.
Sardone/Zito
Foto di Fabio Donato
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