Dalla febbre puerperale al Covid: l’importanza del lavaggio delle mani
Se c’è una cosa che ci ha insegnato la pandemia causata dal Covid-19 è che dietro il lavaggio delle mani si nasconde un gesto semplice ma necessario per limitare la diffusione degli agenti patogeni. Ebbene, questa pratica ha delle origini lontane e la sua importanza è emersa tra non poche difficoltà grazie all’intuizione – innovativa per l’epoca – da parte del medico ostetrico Ignaz Philipp Semmelweis.
Le osservazioni di Semmelweis sono riportate nel suo libro “Eziologia. Concetto e profilassi della febbre puerperale” (Armando Editore, 2021, pp. 69, euro 10), curato da Dario Antiseri. Ad interessare maggiormente il lettore è l’attenta descrizione della metodologia di lavoro di uno scienziato che comprende l’osservazione, l’analisi dei dati, la confutazione di alcune ipotesi e la proposta di altre che poi dovranno essere dimostrate. Semmelweis analizzò la situazione nella grande clinica ostetrica gratuita di Vienna i cui i tassi di mortalità tra le puerpere erano altissimi, specialmente nel primo reparto e in misura maggiore da quando tale reparto fu destinato alla formazione dei soli ostetrici. Migliore era invece la situazione registrata nel secondo reparto in cui lavoravano esclusivamente le levatrici. Semmelweis si soffermò sulle morti delle neomamme e di molti bambini fino al 1847, analizzando tutte le teorie fino ad allora accettate dalla comunità scientifica, in grado di spiegare una possibile correlazione tra diverse cause e la morte sopraggiunta a causa della febbre puerperale. In realtà, non si fermò all’osservazione e all’interpretazione dei dati disponibili ma cercò di spiegare perché, a parità di condizioni, il numero di morti nei due reparti divergesse così tanto. Eppure, l’esposizione agli agenti eziologici era la stessa, se non maggiore nel secondo reparto. Se non le influenze epidemiche, i fattori psicologici e sociali, la condizione ambientale all’interno della clinica e le nascite stradali, allora da cosa scaturiva la febbre puerperale? Questi furono gli interrogativi che spinsero Semmelweis a mettere in discussione le vecchie teorie e cercare una causa capace di spiegare con maggior aderenza la precaria condizione che stava vivendo all’interno della clinica viennese. La risposta arrivò, come spesso accade, quasi casualmente. Un docente di medicina legale, nel corso di un’esercitazione si procurò un taglio sul dito con un bisturi usato per le dissezioni e ciò determinò una serie di sintomi che poco dopo, lo portarono a morire. Le manifestazioni patologiche osservate nel professore erano le stesse osservate nelle puerpere per cui Semmelweis ne dedusse che anche le cause dovessero essere le stesse. Alcune particelle di cadavere erano riuscite a penetrare nel sistema vascolare sia del professore sia delle tante donne ricoverate. L’alta mortalità nel primo reparto era giustificata dal fatto che agli ostetrici era consentito esercitarsi sui cadaveri e da qui potevano trasferire le particelle cadaveriche sui genitali delle gestanti. Andava dunque bloccato questo passaggio e, al fine di distruggere le particelle cadaveriche, Semmelweis propose un’adeguata terapia: lavare le mani con prodotti a base di cloro prima di effettuare il giro delle visite e, meglio ancora dopo aver visitato ogni singola partoriente.
La maestosità delle sue idee deve essere letta anche in considerazione che gli anni in cui Semmelweis formulò la sua ipotesi erano precedenti a quelli in cui Pasteur elaborò i suoi studi sulla contaminazione batterica. Come tutte le idee innovative che creano uno spaccato con il passato, anche le idee di Semmelweis non vennero accolte di buon grado dagli scienziati del tempo che giudicarono duramente il suo operato tanto da determinare il suo ricovero in manicomio, dove morì nel 1865. A lui dovremmo essere riconoscenti noi tutti invece, per aver contribuito a proteggerci dal Covid grazie a una semplice norma igienica.
Sara Pizzale