“Cronorifugio” di Georgi Gospodinov
Georgi Gospodinov è il più importante scrittore bulgaro e tra i più importanti al mondo, e ogni suo libro è atteso con molta attenzione, specialmente questo ritorno al romanzo, dopo la pubblicazione di due bellissime raccolte di racconti, il precedente Tutti i nostri corpi. Storie superbrevi e Tutto divenne luna. Ma caratteristica dello scrittore è quella di rendere anche i suoi romanzi, tra i quali ricordiamo il fondamentale Fisica della malinconia, un agglomerato di racconti, di storie di varia umanità, contraddistinte da un forte senso di malinconia, avvolte in un tempo che ci passa addosso e ci lascia solo il suo ricordo. Una malattia dello spirito, un bisogno quasi istintivo di ritornare al passato, e quindi alla propria giovinezza. Ma la fine non può essere mai positiva.
I cronorifugi
È quello che succede in questo “Cronorifugio” (Voland, Collana Sìrin, pp. 320, euro 19, nella traduzione di Giuseppe Dell’Agata), in cui torna il fidato Gaustìn, alter ego (?) dello scrittore bulgaro e amico fidato che interagisce con lo stesso scrittore in ogni suo romanzo e racconto. Gaustìn, che ha la brillante idea di dedicare punto un rifugio a chi sta perdendo il proprio passato: i malati di Alzheimer e demenza senile. L’idea è innovativa, i malati ritrovano, nelle stanze della maestosa clinica in svizzera, quindi in un luogo neutrale che può essere tutti i luoghi e tutti i tempi che si vogliono (“La verità è che la Svizzera era il paese ideale, pensasi, per il grado zero del tempo. Un paese senza tempo può essere più facilmente popolato con tutti i tempi possibili”) le enormi sale sono arredate per decenni. Felici sono i malati che ritrovano pezzi di se stessi, della propria giovinezza, appunto, negli oggetti e nelle parole registrate dalle quali sono attorniati, e felici sono i familiari dei pazienti, addirittura la trovata di Gaustìn diventa fenomeno sociale. “E credimi, un giorno, molto presto, molti cominceranno a scendere nel passato da soli, a “perdere” la memoria di propria volontà. Si profila un tempo in cui sempre più persone vorranno nascondersi nella loro grotta e tornare indietro. E non da una nella situazione, in ogni caso, dobbiamo essere pronti con rifugi antiaerei del passato. Chiamali, se vuoi ‘cronorifugi’ ”.
Ancora, Gaustìn: “[…] per noi il passato è passato e, anche quando vi entriamo, sappiamo che la porta all’indietro è aperta e possiamo tornare facilmente . Per chi è stato abbandonato dalla memoria quella porta è sbarrata per sempre. Per loro non è il passato un paese straniero, ma il presente, il passato è la loro patria. L’unica cosa che possiamo fare in questo caso è creare uno spazio in sincronia con il loro tempo interiore,. E se dentro di me c’è il 1965, diceva Gaustìn, quando avevo 20 anni e vivevo in affitto in una soffitta a Parigi, a Cracovia o alle spalle dell’università di Sofia, facciamo in modo che anche fuori, almeno nell’ambito della stanza, sia il 1965.”
Il mondo è malato di nostalgia
Ecco allora che il passo della politica è pronto a marciare su questa malattia, cercando di trasformare questi sentimenti generali in una sorta di distopia da raggiungersi via referendum. Perché in Europa la moda della nostalgia sarà così imponente da far nascere dei movimenti, perlopiù nazionalisti, in difesa di quelli che sono sentiti come periodi di particolare fecondità per ogni Stato Europeo. Cronorifugio diventa allora una allegoria dei nostri tempi pre-pandemici, in cui rinascono forze politiche e sentimenti reazionari, in cui dal passato non ci si affranca, ma lo si costeggia per riportalo in vita, nonostante sia palese il fallimento. Nel romanzo di Gospodinov, ogni Stato sceglie il proprio decennio nel quale ri-vivere, il decennio ritenuto più vitale, foriero di novità, un periodo che sia la giovinezza di ogni stato.
La malinconia gospodinoviana
Cronorifugio di Georgi Gospodinov è un malinconico romanzo (ma la malinconia è la chiave di tutta l’opera poetica gospodinoviana) sull’ineluttabilità del Tempo, sulla fine dei sogni dei “tempi d’oro” e sulla consapevolezza che i famosi “tempi d’oro” altro non sono che ricordi della propria giovinezza, sulla necessità di vivere il presente nonostante il passato stia sempre davanti a nostri occhi. La crescita di un popolo, di una Nazione, di un individuo è reale solo se prende coscienza del proprio essere al mondo. Georgi Gospodinov, con la sua scrittura malinconica, sa dircelo ancora una volta, attraverso il labirinto di personaggi e storie che ci parlano anche alla fine della lettura.
Giovanni Canadè