“CRONISTORIA DI UN PENSIERO INFAME” DI EDOARDO ALBINATI
“Non voglio difendermi. Non sono difendibile. Quello che ho pensato è indifendibile. Augurarsi la morte di un altro essere, per di più innocente, è una posizione indifendibile. Sempre e comunque”. La partenza di questo pamphlet di Edoardo Albinati è di quelle che non si possono dimenticare: chiara, dura, concisa.
Il caso della nave Aquarius e dei naufraghi respinti dall’Italia è il punto nodale da cui si districa il pensiero dello scrittore quando ha affermato “Sapete, sono arrivato a desiderare che morisse qualcuno su quella nave. Ho desiderato che morisse un bambino sull’Aquarius”. Cosa si cela dietro questo pensiero? Una serie di fraintendimenti che lo scrittore cerca di sciogliere affrontando schieramenti politici, divisioni, casistiche, problemi. Attraverso le sue stesse parole cerca di scoprire le ragioni profonde di quel pensiero infame, andando oltre le forme di cinismo che vagano in Italia e nel mondo circostante, per far emergere i nostri lati oscuri, le nostre debolezze e tutto ciò che ci fa diventare giudici della vita altrui.
“Credo infatti che uno scrittore debba scavare nello sporco, e rivelare cosa ci sia sotto, lo sporco degli altri ma prima di tutto il proprio, il proprio rancore, la propria parte oscura, il demone”. Questo sfogo profondo si tramuta nella possibilità di parlare di innumerevoli storie e temi che ci accompagnano quotidianamente. Una scrittura decisa e a tratti ironica quella di Edoardo Albinati in “Cronistoria di un pensiero infame” (Baldini+Castoldi 2018, pp. 109, euro 12), che fa silenziosamente riflettere.
Debora Colangelo