COUS COUS KLAN arriva al Piccolo Eliseo
“Perché quando vediamo la sofferenza le corriamo sempre incontro?”
Cous Cous Klan analizza la vita delle persone “altre”, quelle che si trovano al di là della “recinzione”, in un futuro degenerato dove anche l’acqua è ormai un bene accessibile a pochi e dove più “disperazioni” si incontrano per provare a creare insieme qualcosa di buono.
Gli attori del collettivo Carrozzeria Orfeo calzano tutti i ruoli alla perfezione, non tentennano un secondo in quella crepa sociale di una scena – curata da Maria Spazzi – fatta di vecchie roulotte e una macchina scassata, oltre le quali ce la immaginiamo perfettamente la fossa comune di cui i sei personaggi spesso ci parlano. Comunicano tra loro con un linguaggio colorito e ricco di tutti quei riferimenti sessuali a cui siamo tanto abituati e che ormai ci fanno solo ridere. E, per l’appunto, il pubblico ha riso e anche tanto. Ma più che ridere, lo spettacolo scritto da Gabriele Di Luca in scena fino al 28 gennaio al Piccolo Eliseo di Roma, provoca sorrisi di amarezza perché ci mette davanti quelle diverse situazioni disagiate che conosciamo bene. Tratta temi delicati come l’omosessualità, il razzismo e non mancano i personaggi con problemi fisici o vittime delle nevrosi sociali dei nostri tempi: dove l’incontro con se stessi diventa la cosa più difficile, quasi insopportabile. Non manca nemmeno la religione, con un Dio spesso invocato che osserva e manipola dall’alto del cielo azzurro. Tutta questa ironia amara permane nell’aria e crea facilmente in noi moti di riflessioni profonde.
La pecca, a mio avviso, è la durata eccessiva di questo spettacolo della regia Di Luca – Setti – Tedeschi che, fino ad un certo punto, ha una riuscita e un ritmo ottimali con una crudezza e una spietatezza ben definite e reali. Invece, la svolta “fantascientifica” di una operazione in roulotte allontana da questa realtà che eravamo quasi riusciti ad afferrare, fino ad appesantire e a svilire il resto dello spettacolo.
Marianna Zito