“Confessioni di un clochard” di Jorge Vivanco
Non si può mai dire ciò che succederà nella vita, né si può decidere da chi nascere e come nascere o prendersi responsabilità che i nostri genitori hanno deciso di evitare. In “Confessioni di un clochard” di Jorge Vivanco (edizioni Foglio di Vita, 2019, pp. 200, euro 13) troviamo storie diverse che hanno portato a un unico luogo, storie che si sono dipanate nel tempo attraverso vicissitudini che ne hanno guidato la rotta.
“Che mondo è quello che lodi come se fosse il paradiso?”
È quello che è successo a un gruppo di barboni a Quito, in Ecuador, quando un gruppo di mendicanti viene sequestrato nel cortile di una stazione di polizia per quasi tre giorni, patendo freddo e fame, ma condividendo la stessa filosofia di vita, quella del mendicante, che si veste di stracci, che si lava quando capita, che mangia avanzi che trova per caso.
“Ogni tanto sembra che la vita si trascini lungo un sottilissimo sentiero sospeso per aria, senza una sponda di cui fidarsi, dove la certezza maggiore è l’inciampo.”
Il narratore della vicenda è un mendicante laureato in lettere, che rievoca il suo amore, in quel frangente, per Gertrudis, a cui tutto il gruppo di mendicanti, in un modo o nell’altro, fa riferimento, Gertrudis che ora è una vecchia, ma che fu una giovane bellissima, purtroppo vittima di violenza da parte di un ufficiale di polizia e che segnò per sempre la sua esistenza. Accanto a Gertrudis troviamo altri uomini e donne a cui il narratore a poco a poco si avvicina e a cui chiede di raccontare la loro storia, spesso fatta di molestie, di abbandoni, di privazioni. Vengono così raccontate le storie incredibili di Yaguana Condo, nato senza gambe, ma che si professa eroe di guerra, Zoilo Soledispa, soprannominato Brillo, sempre ubriaco, Marianita vestita da sposa in perenne attesa del marito a cui venne promessa, il musicista senza mani Ismael Peñaflor, di Mateo Cuenca, di Melquisedec e la piccola veggente Fiore di Iris e altri ancora. Non solo, anche le storie di chi ha imprigionato i mendicanti vengono raccontate: quella del sergente Carrillo e sua sorella Bertha, diventata prostituta, e del sottufficiale Bajaña. Tutti sono sullo stesso piano, sentono gli stessi bisogni: mangiare, bere, riscaldarsi, dormire, consapevoli della propria vita, senza pretendere o volere altro.
“La vita si sistema: il freddo, la fame, la disperazione, la nostalgia e persino la musica si adattano a inostri difetti e finiscono per contagiare tutto con questa sonnolenza, con aria di normalità, come se fosse l’unica forma di sopravvivenza.”
Alla fine ogni storia è una testimonianza di un modo di vivere che ha dovuto adattarsi alle sventure, ma pur sempre facendo forza sulla personalità, reclamando diritti, unendosi per una giustizia comune, spesso litigando e venendo alle mani, senza apparente affetto, perché le emozioni si pagano troppo care. Un libro intenso che apre nuovi occhi al mondo con delicatezza verso una parte di umanità spesso non considerata o tenuta da parte, dando voce a testimonianze di vita importanti e profonde nel loro dolore.
Roberta Usardi
[…] Modulazioni Temporali – 09/12/2019 […]