Con “Roma ore 11” si apre la retrospettiva Mitipretese al Piccolo Teatro di Milano
Il Piccolo Teatro Studio di Milano dedica, in questo mese di maggio, una preziosa retrospettiva alla compagnia Mitipretese. Il gruppo nasce nel 2005 dall’idea di un quartetto di attrici che non esitiamo a definire straordinarie: Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Mariangeles Torres, Sandra Toffolatti. Insieme scelgono, dirigono e interpretano i propri spettacoli con uno slancio dettato dall’urgenza, guidate da un impegno sociale e civile autentico, che diventa humus fertile del fare artistico. La rassegna si è aperta con “Roma ore 11”, il loro “spettacolo fondativo”, un lavoro che assume il profilo di un ponte tra l’Italia di ieri e quella di oggi, mostrando quello che siamo stati e che siamo ancora. Le interpreti – Reale, Torres e Toffolatti, con Sonia Barbadoro che subentra alla Mandracchia – entrano in scena mentre ancora la sala è in luce, sono completamente se stesse: sorrisi, rapidi saluti a qualche conoscente nelle prime file. Poi cominciano a sfogliare dei quotidiani, a leggere degli annunci di lavoro, a metterne in evidenza i paradossi con ironia. Fino a che un trafiletto non costituisce una cesura temporale e drammaturgica:
“Signorina giovane intelligente volenterosissima attiva conoscenza dattilografia miti pretese per primo impiego cercasi. Presentarsi in via Savoia 31, interno 5, lunedì ore 10-11”. Questo l’annuncio comparso tra le pagine del Messaggero, cui rispondono più di duecento ragazze, che lunedì 15 gennaio 1951 si accalcano nella palazzina di via Savoia. Le speranze di ottenere quel posto di lavoro si sbriciolano come le rampe di scale che crollano improvvisamente a causa del sovraffollamento. Una delle giovani donne perde la vita, settantadue rimangono ferite. Portate in ospedale, saranno costrette anche a pagarsi le spese del ricovero, o a vedersi pignorare i propri già miseri beni. Il giovane Elio Petri, allora giornalista e aiuto regista, non si sottrae al lavoro sul campo rintracciando ed intervistando le vittime e le testimoni dell’accaduto; il materiale servirà nell’immediato da base per la sceneggiatura del film di Giuseppe De Santis. L’inchiesta verrà pubblicata integralmente solo nel 1956. La drammaturgia dello spettacolo prende le mosse per l’appunto dal libro di Petri, ed ha tra i suoi meriti anche quello di restituire voce a questo grandissimo intellettuale ed autore del nostro cinema, un uomo che ha vissuto in maniera militante la vita e l’arte, ed è oggi sempre troppo poco ricordato e frequentato.
La scenografia di lenzuola bianche, stese ad asciugare, si trasforma negli innumerevoli quartieri popolari di Roma attraversati dal giornalista per l’inchiesta, dalla Garbatella a Trastevere, dal Quadraro a Campo Parioli, zone che oggi hanno completamente cambiato volto ma che allora erano diventate, con le loro baracche, rifugio per i profughi della guerra, per le famiglie prostrate dal conflitto, in una città che provava nonostante tutto a rialzare la testa con forza da quelle macerie. Tra canti popolari e un caleidoscopio di inflessioni dialettali, anch’esse in fondo parte della particolare musicalità che pervade tutto lo spettacolo, le attrici si fanno voce narrante e danno allo stesso tempo corpo alle protagoniste del fatto di cronaca: Teresa, Nora, Luciana, e tante, tantissime altre. Le loro parole disegnano una realtà che risuona ancora oggi familiare, quasi facesse parte di DNA malato di questo Paese. Se “prima della guerra una donna che lavorava era considerata poco rispettabile”, immediatamente dopo la disperazione, la mancanza di denaro (vera dominante delle narrazioni) ha portato le giovani ad accettare tutto, anche i lavori più modesti e sottopagati, che poi erano pressoché gli unici riservati alle donne. Il diploma da dattilografa sembrava poter aprire porte migliori, ma più spesso invece le illusioni si infrangevano di fronte all’effettivo sfruttamento, e alle richieste umilianti o alle violenze dei padroni. La prova magistrale delle interpreti ci regala attimi di intensità ma anche tanti tantissimi momenti in cui la popolarità esplode e si sorride, ma senza mai perdere di vista che quello a cui ci lasciamo andare è un riso amaro.
Un fatto di cronaca che parla fortemente all’oggi, che ci interroga, testimonianza dopo testimonianza, con piglio da teatro civile. Fino all’ultima voce, presente solo in audio: il racconto di Giovanna, una delle ragazze di Via Savoia, raccolto durante la lavorazione dello spettacolo dalle registe/attrici. Commovente mentre ricorda il dolore delle macerie che le cadevano sulla schiena, le ferite riportate, ma soprattutto il dispiacere per gli strappi nel suo nuovo paltò rosso, comprato a rate, di cui quel giorno andava fiera. Lo avrebbe rattoppato e riutilizzato, visto che bisognava anche finire di pagarlo.
La retrospettiva prosegue con Troiane – Frammenti di tragedia dal 14 al 19 maggio, e Festa di famiglia dal 21 al 26 maggio.
Mariangela Berardi