“Cirano deve morire”: i versi di Rostand diventano rap nella versione diretta da Leonardo Manzan
Era il 1897 quando “Cirano di Bergerac” venne pubblicato per la prima volta. Un capolavoro uscito dalla penna del poeta francese Edmond Rostand, ispirandosi a una figura storica, Savinien Cyrano de Bergerac, uno scrittore del seicento francese. Il poema narra una storia d’amore, quella che vede come protagonista uno spadaccino dal grande talento poetico, Cirano per l’appunto. Tuttavia, a causa del suo naso fin troppo pronunciato, coltiva una forte insicurezza sul proprio aspetto e per questo non trova il coraggio di dichiarare il suo amore alla bella cugina Rossana. Quando quest’ultima confessa a Cirano di essersi innamorata di Cristiano, un giovane cadetto di bell’aspetto, ma totalmente inetto in quanto ad arte poetica, per Cirano è un colpo al cuore. Ma per amore di Rossana è disposto a tutto, e se lei desidera Cristiano…
Il Piccolo Teatro Studio Melato di Milano ospita dal 2 al 6 novembre “Cirano deve morire”, uno spettacolo ispirato al capolavoro di Edmond Rostand “Cirano di Bergerac”, con un adattamento a tre voci ad opera di Leonardo Manzan, che cura anche la regia, e Rocco Placidi. In scena solo tre personaggi, i protagonisti: Cirano, Rossana e Cristiano.
Quando il pubblico si accomoda in sala gli attori sono già in scena: Cirano e Cristiano stanno pacatamente duellando con la spada mentre Rossana, dall’alto di una impalcatura di acciaio, li osserva. A vederli così, l’uno di fronte all’altro, entrambi con il naso sporgente, Cirano e Cristiano sembrano proprio due facce di una stessa medaglia: da un lato l’intelletto e il talento poetico e dall’altro il bell’aspetto. Chi sarà il vincitore?
“CARINO è l’anagramma del mio nome”
Quando le luci si abbassano, Rossana (Paola Giannini) scende dalla sua postazione e interrompe bruscamente i due contendenti, picchiandoli fino a farli crollare a terra. E prende la parola “Io, Rossana, sono l’unica in vita”. È rimasta sola e parla della sua storia, della sua lunga attesa, di suo cugino Cirano e del bel Cristiano. Il pubblico, che pensava di assistere a una riscrittura quieta dell’opera di Rostand, rimane spiazzato e travolto dai versi rappati, dalla base campionata e incalzante. L’intero spettacolo adotta brevemente il format di show televisivo, in cui Rossana, nei suoi abiti seicenteschi, sii destreggia a presentare anche in lingua inglese la storia di cui è co-protagonista. Fino a quando non rientra Cirano (Alessandro Bay Rossi), che ha mutato aspetto: indossa una felpa nera, con il cappuccio che gli copre il viso, mantenendo però pantaloni e stivalacci da guascone. E parla, o meglio verseggia a ritmo di rap, se stesso, la società, il teatro contemporaneo, avvalendosi di un linguaggio moderno, senza filtri, a tratti volutamente provocatorio e scurrile. È uno sfogo il suo, un flusso di coscienza continuo, martellante, che raggiunge il suo apice quando scrive in grande “Io amo” sul pavimento, in rosso, con una bomboletta spray. Lui ama. Ama Rossana.
Dopo è il turno di Cristiano (Giusto Cucchiarini), che entra in scena con un altro stile di rap, più in linea con la sua personalità superficiale e trasognata, con versi che sfociano in un ritornello melodico che rimane in testa “Sono Cristiano il bello, stupido, stupido, ma bello” e un nuovo look: jeans azzurri, scarpe da ginnastica e cappellino rosso, lasciando invariata la parte superiore, che indossa ancora la camicia e la giacca del cadetto. L’ausilio dell’autotune sulla voce nel ritornello rappresenta bene, a livello musicale, l’aiuto che il personaggio richiede per compensare alla sua mancanza di intelletto.
In questo spettacolo i duelli vengono guidati dalle parole, che sono come lame. Ma chi vincerà tra Cirano e Cristiano? Rostand ha reso entrambi vincitori e vinti allo stesso tempo. E Rossana? Beh, lei, essendo l’unica sopravvissuta, la testimone, vede riunirsi i due lati della medaglia. Il vero vincitore è solo l’amore, e Cirano deve morire perché solo così l’amore potrà davvero trionfare, riunendo finalmente corpo e anima.
Oltre agli attori, tutti bravissimi anche nelle vesti di rappers, un grande elogio va a Filippo Lilli, che dall’alto, sulla stessa impalcatura su cui si trova Rossana all’inizio, gestisce egregiamente la parte musicale: campionature per la ritmica e piano e le esecuzioni dal vivo, che includono riff di chitarra e percussioni. Le musiche originali sono state composte da Franco Visioli e Alessandro Levrero e le luci, davvero lodevoli, sono di Simone De Angelis, eseguite da Giuseppe Incurvati.
Un plauso a tutti gli attori Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi e Giusto Cucchiarini, che hanno permesso di avvicinare il pubblico a una visione insolita dei personaggi, in aggiunta a quanto creato da Rostand.
Non importa in che epoca siamo e in che mondo viviamo, Cirano resta sempre Cirano.
Roberta Usardi