Ciò che va oltre ogni speranza: l’amore di “Lancillotto e Ginevra” in scena al Teatro Franco Parenti
Dal 15 al 20 novembre va in scena nella Sala 3 del Teatro Franco Parenti di Milano “Lancillotto e Ginevra”, un testo scritto da Riccardo Favaro e Giovanni Ortoleva. Quest’ultimo cura anche la regia e dirige due giovani e brillanti attori: Leda Kreider e Edoardo Sorgente, che danno vita ai personaggi di una delle storie d’amore più famose di sempre.
“Di tutte le vie, una soltanto è quella che porta alla luce.”
Per terra, al centro della scena, giace un’armatura, smontata e ammucchiata alla rinfusa. Lentamente, dal fondo della sala ancora in penombra, si fa avanti un’esile figura femminile, che poco alla volta prende ogni singolo pezzo dell’armatura e lo posiziona in diversi punti della scena, con una grande cura. Sembra un campo minato, con i pezzi che creano una storia, quella del cavaliere a cui l’armatura appartiene. Ed è intatti una storia quella che gli spettatori ascoltano durante questo processo. Si tratta della vicenda che he visto protagonisti Ginevra, la regina di Camelot, moglie di re Artù, e Lancillotto, meglio definito come Il Cavaliere dalle Armi Nere, il più valoroso della Tavola Rotonda. Uno sguardo soltanto tra di loro e il destino è segnato. Quando Ginevra verrà rapita da Meleagant, nemico di Artù, e imprigionata in una torre, si precipiterà a salvarla, e per farlo non esiterà ad accettare qualsiasi compromesso. L’amore di Lancillotto non conosce impedimento alcuno, e quando finalmente raggiunge la sua amata, che lo ricambia ardentemente, non può che scoppiare la passione.
“Mi desideravi così tanto?
Più di ogni altra speranza.”
La drammaturgia a quattro mani di Riccardo Favaro e Giovanni Ortoleva sa condensare in poco più di un’ora una storia magnifica e un continuo flusso di emozioni, grazie anche alla regia che esalta in modo equilibrato i diversi passaggi della vicenda. Dapprima sembra, agli occhi di guarda, di assistere a un amore da favola, tanto è ricco di pathos, ma a poco a poco la favola si trasforma in incubo, prima di dissolversi. I due innamorati restano pur sempre umani, al di là del loro rango, e questo aspetto emerge forte, soprattutto nel momento di panico e rabbia che li opprime poco prima di essere scoperti, maledicendo la propria debolezza, che li ha portati l’uno tra le braccia dell’altra. Un climax che da lento si fa sempre più incalzante, anche a livello sonoro, grazie alle musiche di . Pietro Guarracino.
Una trasposizione di impatto, in cui Leda Kreider e Edoardo Ortoleva, vestiti semplicemente di nero, e lasciando al pubblico la carta dell’immaginazione visiva, mostrano tutto il loro talento.
Roberta Usardi