“Ciarlatani”, uno sfottò esistenziale
Al Teatro Argentina, fino al 17 marzo, va in scena “Ciarlatani”, lo spettacolo scritto e diretto da Pablo Remón, vincitore del Premio Nacional de Literatura Dramática 2021 e interpretato da Silvio Orlando, con Francesca Botti, Francesco Brandi, Blu Yoshimi (nella replica del 9 marzo che abbiamo visto, Blu Yoshimi è stata sostituita da Valeria Solarino).
Anna Velasco è un’attrice di teatro con una carriera in stallo. Dopo aver recitato in piccole produzioni, ora fa spettacoli per bambini. Tra soap opera televisive e spettacoli alternativi, Anna è alla ricerca del grande personaggio che la porterà al successo, non solo nei suoi sogni. Diego è un regista affermato di film commerciali che sta per iniziare una grande produzione con star internazionali. Un incidente aereo lo porterà ad affrontare una crisi personale e a ripensare alla sua carriera. Entrambi, dunque, in un momento di difficoltà ed entrambi collegati dalla figura del padre di Anna, Eusebio Velasco, regista di culto degli anni ’80, scomparso e isolato dal mondo.
Quelle di Diego e Anna sono due storie che corrono in parallelo, ognuna con un proprio stile. Il racconto di Anna ha uno stile eminentemente cinematografico, con un narratore che ci guida, e in cui sogno e realtà si confondono. La storia di Diego è un’opera teatrale più classica, rappresentata in spazi più realistici. Siamo davanti a una pièce in capitoli con una struttura più vicina a un romanzo che al teatro. A spiegarlo, è lo stesso autore che irrompe sul palco in una sorta di pausa o parentesi, un momento di autofiction in cui si difende dalle accuse di plagio. Un intervento questo, a dirla tutta, poco funzionale a uno spettacolo che ha già il suo intreccio.
Dunque, diverse opere in una, quattro attori catapultati in un viaggio attraverso una moltitudine di personaggi, spazi e tempi, che diventa satira sul mondo del teatro e del cinema, strappando qualche risata, ma lasciando anche spazio a riflessioni tutt’altro che banali. Se è vero che quella di Anna e Diego sono due storie parallele, c’è però un filo conduttore che le lega e unisce. Anna e Diego sono arrivati a quel punto in cui la maggior parte di noi spesso arriva: vivere la propria vita senza vederla più. A volte, se siamo fortunati, si aprono delle crepe, che ci fanno guardare dentro, attraverso, epifanie che ci chiedono di diventare ciò che siamo. Anna e Diego sono l’espressione dell’essere in divenire, entrambi frustrati perché sentono che manca un senso a ciò che fanno, vedono. Esseri troppo assuefatti dal senso del dovere, da idee di successo, fallimento, da ruoli che ci sono in qualche modo imposti dagli altri, ma non davvero nostri. Si guarisce? Forse sì, forse no, a volte semplicemente col passare del tempo. Finale aperto.
Laura Franchi