“Che razza di libro” di Jason Mott
Uno scrittore americano ha appena pubblicato un libro di successo, intraprende un tour promozionale durante il quale alterna alle interviste, agli spot pubblicitari, incontri amorosi e sbronze colossali. Lo scrittore, di cui non viene mai menzionato il nome, soffre di una rara malattia che lo rende vittima di allucinazioni tanto da arrivare al punto di non permettergli più di distinguere la realtà dall’immaginazione. Nelle varie tappe del tour incontra un ragazzino di colore che durante i loro incontri gli racconta tutta la sua vita, e soprattutto di come il proprio padre gli abbia insegnato a essere invisibile, NON VISTO, per potersi proteggere dalla crudeltà del mondo, qualora gli fosse necessario. Lo scrittore è l’unico a poterlo vedere.
“Che razza di libro” (NN Editore, pp. 320, euro 19) di Jason Mott è un manifesto, una denuncia che mette a nudo la discriminazione razziale e il pregiudizio, è la denuncia che ha come fine l’abbattimento del muro rappresentato dal colore della pelle, tanto che nel romanzo sono frequenti gli episodi che narrano dello stesso scrittore che anela a denudarsene. Si alternano così capitoli che vedono una narrazione in prima persona, del protagonista-scrittore, a quelli in terza persona del ragazzo Nerofumo, che rappresenta il bullizzato, il discriminato, chiunque non sia l’eletto bianco.
“Perché se sei nero non sei né sicuro né protetto.”
La scrittura alterna narrazione a descrizione, è innovativo il modo in cui è trattato il concetto del razzismo, sono storie dentro la storia, tutto è come percorrere un labirinto per giungere al punto di partenza. È coinvolgente soprattutto per il contrasto tra il tema, che ha un certo peso, e il modo sardonico in cui viene trattato, evidenziando sì un falso umorismo in quanto trasuda tristezza e dolore. Rappresenta un continuo attraversamento delle porte di un treno della metropolitana, si passa dal bambino Nerofumo, che racconta pacato e senza riserve né filtri la sua storia, allo scrittore tormentato che porta dentro di sé il peso della sua pelle. Entrambi lottano contro il loro demone, ma entrambi ne vengono sconfitti, anche se in modo diverso.
Vi è mai capitato di essere contaminati nel profondo da una devastante amarezza, a causa di situazioni incontrollabili e pertanto inaccettabili, perché offendono e mortificano in primis l’intelligenza ma soprattutto il nostro libero arbitrio? Bene, sarà chiaro allora come la nostra mente riesca a innescare dei sistemi di autodifesa, creando mondi e personaggi immaginari come una sorta di tubo catatonico con il compito di farci sopravvivere a tanta malvagità.
Questo è “Che razza di libro”.
“Nerofumo voleva liberare sua madre dalla tristezza. Ma soprattutto, voleva nascondersi dalla sua. Lo sentiva ai margini del suo mondo, quel dolore persistente, che lo tallonava come un predatore”. […] Essere non visto gli stava salvando la Vita, portandola via pezzo dopo pezzo.”
Marisa Padula