Caterina, una bisbetica indomabile al Teatro Regio di Torino
Cinque anni fa al Bol’šoj di Mosca è stato presentato un nuovo balletto firmato da Jean-Christophe Maillot, il danzatore francese classe 1960 nonché direttore, dal 2011, dei Ballets de Monte Carlo. Un evento unico nella storia della danza classica: è la prima volta che uno straniero viene invitato a creare una nuova coreografia per la mitica compagnia russa. In un’epoca e in luoghi sicuramente più femministi dell’Inghilterra cinquecentesca, Maillot ha trovato l’encomiabile audacia di proporre al pubblico una versione danzata de La bisbetica domata, la commedia di Shakespeare nella quale la Regina Vergine non poteva far altro che immedesimarsi. Come Caterina, infatti, Elisabetta I non provava molto trasporto verso l’idea di legarsi indissolubilmente ad un uomo. In realtà, già quella di Shakespeare era una denuncia dell’ingiustizia di genere che imperava nella società e che portava, tra l’altro, ai matrimoni combinati. Però lo stesso autore, poi, inciampava in un certo machismo paternalistico che raccontava la superficialità e la civetteria come caratteristiche esclusivamente femminee. Ma forse è anche vero che si pecca di anacronismo se lo si giudica oggi per questi motivi. Maillot, comunque, risolve il problema alla radice: balza a gambe unite ogni ambiguità dell’opera, la spreme per ottenere il meglio e dimentica con distaccata eleganza tutto il resto. Possiamo dunque scordarci (e menomale, aggiungerei) lo stile del film di Zeffirelli con Richard Burton ed Elizabeth Taylor.
Si spalanca il sipario, e ciò che in primis attira l’attenzione dello spettatore è la pulizia quasi asettica ma comunque seducente della scenografia di Ernest Pignon-Ernest, che ricorda un po’ quelle di Eugenio Guglielminetti e che, per metafore architettoniche, racconta spazi fatti di pilastri altissimi e scale sinuose. E poi arrivano le ballerine e i ballerini, tutti giovani e tutti impeccabili, per reinterpretare la storia di Battista Minola, gentiluomo padovano, e delle sue due figlie Caterina – la bisbetica scorbutica, selvatica, umorale – e Bianca – la figlia minore, quella diligente, docile, obbediente. Gremio, Ortensio e Lucenzio chiedono la mano di Bianca, ma le figlie vanno maritate a cominciare dalla più anziana. Nessuno di loro, manco a dirlo, è interessato a Caterina. E dunque entra in gioco il ruvido Petruccio, che non andrà molto per il sottile con lei. Dopo qualche sfuriata, i due in realtà finiscono per sposarsi, ma le loro nozze diventano memorabili soprattutto per lo schiaffo che Caterina tira a Petruccio. I due, però, sono molto simili: detestano la vita borghese, i galatei, le etichette, i cerimoniali, e nell’intimo della modesta casa di Petruccio, ormai lontani dalla società della quale non vorrebbero far parte, finiscono per intendersi. E s’innamorano davvero, di un amore emancipato, impetuoso e veemente. Nel frattempo, Lucenzio ha conquistato Bianca, e quindi a breve ci sarà un’altra festa in casa Minola. Petruccio e Caterina saranno ovviamente presenti, ma la bisbetica, grazie ad un’arguta maschera di convincente sottomissione, riesce nell’intento di seminare la discordia tra le coppie di convitati. Certo, già da questo tracciato di trama si evince che Maillot, per superare il sessismo della commedia originale, ha dovuto eliminare o almeno trasformare molti frangenti della stessa, ma l’intervento, per quanto invasivo possa essere, non snatura del tutto l’opera. Insomma, se Shakespeare fosse vivo oggi, apprezzerebbe. E poi, come spiega Jean Rouand, l’autore del soggetto, in questa versione Caterina e Petruccio sono due albatros in mezzo a uno stormo di passeri […] Petruccio non lascia Caterina ma la porta via con sé, anche se potrebbe accontentarsi solo di dilapidarne la dote. Prova un vero interesse per la moglie, la vera dote è la ragazza stessa. […] Se Caterina si piega alle esigenze del suo sposo non è perché ha trovato una figura più forte di lei, ma perché riconosce in lui un suo simile. Una bisbetica indomabile, insomma, rimasta indomata anche grazie al marito, che da tempo è in cerca di una persona forte con cui condividere la sua vita. Una bisbetica al passo coi tempi, in un periodo in cui tante parità ancora vengono messe in discussione, in un momento storico di regressioni pericolose sul tema della giustizia di genere. A Maillot non si può che essere riconoscenti, in quanto spettatori, per aver riportato sul palco un balletto che da decenni nessuno, per timore, considerava più: l’ultimo rifacimento, prima di questo, è datato 1969, ed è quello del coreografo sudafricano John Cranko.
Dal 6 al 10 di novembre, per un totale di sole sette repliche, La bisbetica è andata in scena al Teatro Regio di Torino. Nel cast: Alessandra Tognoloni, Ekaterina Petina (Caterina); Francesco Mariottini, Matèj Urban (Petruccio); Katrin Schrader, Lou Beyne (Bianca); Jaeyong An, Lennart Radtke (Lucenzio); e molti altri. Tutti davvero inappuntabili. Un grande applauso va inoltre all’ineccepibile Igor Dronov, che ha abilmente diretto l’orchestra del Regio sulle musiche originali di Dmitrij Šostakovič. Lodevolissimi, infine, i costumi di Augustin Maillot e le luci di Dominique Drillot.
Davide Maria Azzarello