Carrozzeria Orfeo torna a Milano con “Miracoli Metropolitani”
Il mondo è diventato una sorta di discarica in cui gli escrementi invadono le strade e le fognature, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 62% e uscire è molto pericoloso.
“Dove c’è la paura girano i soldi.”
In questo ameno contesto, la scena si apre su una cucina ricavata nel fondo di una carrozzeria, in cui si prepara cibo d’asporto per celiaci. Ai fornelli c’è un ex cuoco da una stella Michelin, “aiutato”, per così dire, dal figlio di sua moglie, e da una aiutante di origine africana. L’atmosfera è tesa e i tempi sono stretti per soddisfare le numerose richieste.
Questa è l’ambientazione di “Miracoli Metropolitani”, uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo, che torna in scena a Milano al Teatro Elfo Puccini, fino al 23 aprile. Uno spettacolo senza censure, diretto, crudo, spesso sboccato, ma spietatamente vero. Ritmi serratissimi di battute e azioni, toni spesso alti e concitati, linguaggio pieno di rabbia e dolore, che riflette l’amarezza di vite infelici, di sogni spezzati. Ogni personaggio porta il suo fardello, e non perde occasione di sfogare il proprio sconforto. È così per Plinio (Federico Vanni), costretto a cucinare del cibo precotto, che non sorride mai, ma lo stesso vale anche per tutti gli altri personaggi: in ognuno di essi si celano mostri vogliosi di vedere la luce. Soprattutto in un mondo che sta marcendo e i rifiuti umani minacciano di avere la meglio sugli esseri viventi. Accanto a lui troviamo Igor, il suo figliastro (Federico Gatti), attaccabrighe e schiavo di videogiochi a tema immigrati, la ex reginetta di bellezza Clara (Barbara Moselli), moglie di Plinio, perennemente impegnata a diffondere sui social qualsiasi cosa le capiti tra le mani, per ottenere visualizzazioni, pubblicità, per conoscere persone influenti e forse raggiungere l’obiettivo di uscire da quel buco di cucina. E poi c’è Hope (Ambra Chiarello), la sguattera lavapiatti di origine etiope, che mastica un italiano scorretto e gioca sul suo essere immigrata, sfruttando i pregiudizi e gli stereotipi crudeli di un Paese straniero ormai agli sgoccioli.
E in un contesto simile, non può mancare l’aspirante suicida, Cesare (Massimiliano Setti), un insegnante delle medie di storia e italiano, timido e sottomesso. A completare il quadro troviamo il carcerato in libertà vigilata Mosquito (Aleph Viola), in veste di fattorino, che aspira a diventare un attore di successo, con qualsiasi mezzo possibile, e Patti (Elsa Bossi), la madre di Plinio, una malvivente che non risparmia alcuna critica verso il figlio e soprattutto la nuora. Questi personaggi, così estremi e così verosimili allo stesso tempo, subiranno una trasformazione, assolutamente non cercata, ma inevitabile, messa in atto dalla loro interazione e dal loro rovesciare sugli altri le proprie frustrazioni.
“Miracoli Metropolitani” ha già nel titolo un barlume di luce, ma non si tratta di speranza o di salvezza, perché nessuno può ambire a tanto. Nel girone dei rabbiosi e degli infelici c’è movimento, e questo movimento porta inevitabilmente a delle conseguenze. Il dolore non renderà migliori le persone, ma di certo, in qualche modo, le esaspera. Quel “miracolo” è forse l’accettazione di quello che si vive, senza più frustrazioni.
“Onora il tuo dolore perché c’è il dolore alla base di ogni grande interpretazione.”
Quasi due ore mezza scivolano via, in un groviglio di emozioni, di provocazioni, di sfide… e in tutto il politically incorrect (e ce n’è davvero tanto…) non mancano dei monologhi che arrivano nel profondo, che portano a galla il cuore più nascosto, fino a quel momento coperto di rabbia e disperazione.
La drammaturgia di Gabriele Di Luca è, come sempre, riconoscibile e personalissima, senza filtri, scomoda, che può far storcere il naso, ma che non ha paura di osare e di prendere a sberle la maschera della realtà, facendola cadere. Ottima la regia firmata dallo stesso Di Luca insieme a Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi.
Dopo “Miracoli Metropolitani” Carrozzeria Orfeo rimane all’Elfo riproponendo uno spettacolo da non perdere, “Thanks for Vaselina” dal 26 al 30 aprile.
Roberta Usardi
Fotografia di Laila Pozzo