BRUCIARE TUTTO: LA LOTTA IMPARI TRA L’UOMO E DIO
Bruciare tutto di Walter Siti (Rizzoli 2017) è un libro non facile né consolatorio, teologico pur scritto da un ateo, forse alla fine da bruciare come vuole il suo titolo per umana soddisfazione della Marzano che lo stroncò alla sua uscita, eppur bello nella lettura e disorientante nella costruzione, feroce nel contenuto, complesso nella strutturazione dei personaggi e terribile nella tematica, l’espandersi di quella parola, di un lessico conosciuto e odiato, esecrabile, creatore di errore qual è la pedofilia.
Personaggi disperati e disperanti nello skyline di una Milano non più da bere, dove il parroco Don Leo vorrebbe e dovrebbe essere la guida per il suo gregge di giovani speranze che affollano il campetto da gioco della sua parrocchia, strenuo difensore dai lupi in un mondo che tutto travolge e sporca nel nome e per la gloria di dei falsi e bugiardi. Ma l’orrore risiede proprio nel pastore perché è lui il lupo che sia, pure per una volta e senza ancora le pelli del buon pastore, è stato l’animale immondo, il portatore, l’esecutore dell’immenso peccato. Ed è forse in quel momento, nel precipitare verso l’abisso che nasce, la scelta del seminario come scelta di coraggio e insieme di trincea perché è verso quel Dio che l’ha messo in quella terribile difficoltà che Don Leo corre, non per una tardiva richiesta di clemenza, ma a braccia aperte e petto scoperto, in una sfida impari e della quale comunque già conosce la fine.
Così i rami nodosi e fragili nei quali la trama s’intreccia, si complica, si restringe e si espande non sono svincoli di umana ripugnanza per quello che il prete “è” e non dovrebbe essere, ma analisi di un conflitto interiore, profondo e intimo di cui quel peccato ne è testimonianza e inevitabile conseguenza. Tuttavia, non è una ricerca di perdono né di una riduzione di pena, ma quello che è il tormento di Don Leo, è l’assenza di risposte alle sue domande, ai suoi dubbi, il terribile silenzio di Dio; perché non manca di fede, Don Leo, non è l’eretico da bruciare, ma l’intelligenza, il ragionamento da sottoporre a contraddittorio, un intreccio da dipanare, una mente che cerca un dialogo, un confronto e alla fine una spiegazione, univoca e universale sul concetto d’amore, quell’essenza di Dio, senza corpo e senza labbra, da baciare e che deve rimanere etereo e astratto o al limite, quando si concretizza nella carnale clandestinità di una Perpetua, deve rimanere chiuso nei segreti di una sacrestia, senza ripensamenti e senza richiesta di grazia alcuna.
Esulterà per un principio di vittoria quando sulla sua strada Don Leo incontra il piccolo Andrea, abbandonato dai genitori persi nel loro egoismo. Esulterà Don Leo per la sua capacità di rivolgersi verso il piccolo con l’amore non più del corpo ma del cuore soltanto, ma il Dio degli uomini, si sa, è molto spesso crudele, lo stesso Dio di Abramo che non esita a chiedere il sacrificio di Isacco, perché è Andrea a ribaltare i desideri per invogliare al peccato e allora… allora tanto vale bruciare. Bruciare tutto.
Francesco De Masi