“BOLOGNA ’15 -’18. IL FRONTE DELLE DONNE” alla Certosa di Bologna
Alla Certosa di Bologna è andato in scena lo spettacolo itinerante “Bologna ’15 -’18. Il fronte delle donne”, a cura dell’Associazione Youkali in collaborazione con Aics Bologna, Tavola delle Donne e Udi (Unione Donne) Bologna, nell’ambito del calendario estivo della Certosa di Bologna promossa da Istituzione Bologna Musei / Museo Civico del Risorgimento.
L’attrice (e autrice drammaturgica dello spettacolo) Simona Sagone e il polistrumentista Mirco Mungari ci hanno suggestivamente raccontato la vita delle donne durante la prima guerra mondiale e la loro attività nella vita politica e sociale italiana. Lavoratrici, sindacalistiche, volontarie, donne di estrazioni sociali diverse ma accomunate dallo stesso impulso: l’impegno. Sono impegnate a sostituire sul lavoro gli uomini inviati al fronte, a ricercare le notizie sui soldati per riportarle alle famiglie, ad aiutare le richieste di sussidi e di pensioni, a parlare di pace e di diritti femminili, in una società che ancora le soggioga all’autorizzazione maritale. C’è una coscienza tutta femminile che si sta svegliando, una comunità di intenti e la voglia di vedere riconosciute le proprie capacità e la propria utilità. Nel discorso introduttivo, la presidente dell’UDI Katia Graziosi ci racconta come, all’inizio della guerra, le donne occupate nell’industria fossero poche migliaia, ma durante gli anni di conflitto la crescita dell’occupazione femminile aumentò vertiginosamente passando da 23.000 lavoratrici a fine 1915 e arrivando a 189.000 nel 1918. Non sono più confinate solamente ai fornelli e a crescere i figli: non sono solo donne coraggiose, anarchiche, pacifiste ma sono anche produttive, necessarie. “Questa società ha bisogno di donne” ci ricorda Katia Graziosi.
Così, nella suggestiva cornice del cimitero della Certosa, sotto un cielo senza nuvole e un caldo ancora afoso nonostante l’orario, siamo accolti da un audio diffuso nel cortile, dedicato a famosi articoli scritti dalle protagoniste femminili della scena editoriale del primo 900: “se io fossi mamma e avessi un figlio che dovesse andare in guerra […] gli direi [..] figlio mio fermati! […] hai l’obbligo di rifiutarti di fare l’assassino”. Il buio è ormai completo e, dopo i discorsi introduttivi, partiamo seguendo il ritmo del tamburo che ci precede. Troviamo la tramviera Irene Ballanti, ci accoglie abbarbicata sulla scala del cimitero, mangiando una mela. Ci comunica solennemente che Caronte non c’è, è impegnato al fronte e certamente non può accompagnarci lei in questo viaggio, è ancora in prova! Gli altri uomini la guardano con sospetto, temono di più una donna alla guida di un tram che la sconfitta in guerra. Lasciamo quest’anarchica pacifista a suon di musica e incontriamo l’elegante Argentina Altobelli, prima segreteria generale della Federazione Nazionale Lavoratori Terra e prima donna a essere nella direzione del Partito Socialista. È fortemente impegnata a lottare per i diritti delle lavoratrici, per un salario equo, per migliorare le condizioni delle lavoratrici. “Compagne, dovete chiedere ai vostri uomini di non avere paura della rivoluzione dei diritti!”.
Quando incontriamo Gida Rossi, insegnante della Scuola Normale Laura Bassi e ispettrice generale dell’Ufficio Notizie, conosciamo il lavoro delle donne al servizio delle donne, un giardino realizzato dalle allieve attorno alle tombe dei caduti, il sollievo donato dalle volontarie agli ospedali: “Cosa dite? La pace? Oh! Sì che ci credo nella pace, ma è volata troppo in alto, nel mondo dei sogni, e ora devo fare tutto quello che posso per la nostra Patria” . Qui, noi spettatori, siamo invitati a cantare e per qualche minuto siamo una classe di giovani fanciulle della Laura Bassi che intonano “… O Venezia, ti vuoi maritare? / E per marito ti daremo Ancona / e per dote le chiavi di Roma / e per anello le onde del mar”. Con Teresa e Ida Folli assistiamo alla lettura e alla proiezione di immagini delle lettere di guerra, nel grande schermo si trasformano in centinaia di piccoli aeroplani di carta che sorvolano il cielo di Bologna e si alternano ad alcune ricostruzioni in 3D della vita al fronte. Ultima storia è quella della contessa Lina Bianconcini Cavazza che ci racconta dell’Ufficio Notizie, di quasi 2 km di schedari donati, infine, all’archivio di stato perché nulla vada perduto.
I bei costumi di Paola Martinelli Arlotti e Monica Ravaglia ci accompagnano in questo viaggio fatto di parole, musica, chiaroscuri, scricchiolii e calpestii e, prima della fine, uno squarcio che pare un dipinto: uno sguardo a San Luca accompagnato dai lumini sulle pareti, quasi che i suoi portici si fossero magicamente trasformati in una fila dritta di lucine, accesso incantato al Santuario.
Angelica Pizzolla