“BARRY LYNDON” – IL CREATORE DI SOGNI ALLA PERGOLA DI FIRENZE
Ispirato al film di Stanley Kubrick e modellato sul romanzo di William Makepeace Thackeray la storia di Radmond Barry si districa tra duelli, incontri furtivi, fughe e giochi di potere, ci parla di giustizia e di ingiustizia, di sacro e di profano; amori, tradimenti, seduzione fanno da sfondo alla vicenda amara di un uomo che non possiede materialmente nulla, che da povero vuole diventare un capriccioso ricco aristocratico e della sua ineluttabile discesa agli inferi. È la storia di un uomo sospeso nei suoi sogni che pur con il cuore rivolto verso la cugina, eternamente disorientata nella sua femminile civetteria, cede al richiamo della bellissima contessa di Lyndon, realizzando così il sogno di entrare in quella vita che la madre aveva sognato per lui e con lui, piena di merletti, di trucco di cipria, di broccati, di feste e di danze tipiche della nobiltà. Perché per andare avanti nella vita occorre saper danzare, nel senso di lottare, farsi spazio a gomitate, passando dall’esercito irlandese a quello inglese a quello prussiano, in una girandola di solitudine e disillusione. Perché l’antico campagnolo tale rimane sia pure rivestito con gli eleganti abiti di Conte di Lyndon.
Sfarzoso nei costumi, il Barry Lyndon con la riduzione teatrale e la regia di Giancarlo Sepe in scena alla Pergola di Firenze sino al 14 aprile,sostenuto dalle magnifiche musiche di Mozart, Bach, Schubert e altri, non convince in pieno, forse perché manca di quella ricercatezza sulla luce che aveva spinto Kubrik a usare, con mille difficoltà, il Planar della Zeiss che, con la sua inimmaginabile apertura di diaframma, consentiva delle riprese senza l’illuminazione artificiale, restituendo così allo spettatore delle immagini molto simile a un dipinto di inenarrabile bellezza; forse perché la scenografia rimane sospesa, ancorata ad un triste fondale con l’albero genealogico della famiglia di Barry, con la totale assenza delle nebbie d’Irlanda o dei fumi di battaglia o forse e soprattutto perché, pur nella bravura di tutta la compagnia – Francesco Barra, Sonia Bertin, Mauro Brentel Bernardi, Gisella Cesari, Silvia Como, Tatiana Dessi, Eugenio Mastrandrea, Riccardo Pieretti, Antonia Renzella, Giovanni Tacchella, Guido Targetti e Luca Biagini – e nonostante l’ottima prova d’attore, il personaggio Lyndon appare come un qualunquista senza patria e senza bandiera, quasi un mercenario di cui però è assente la grinta guerriera, sconsolato nel seguire le ineluttabili tappe che lo porteranno alla fine dei sogni.
Francesco De Masi