“Atlante della Cultura. Da Netflix allo Yoga: il nuovo soft power” di Antoine Pecqueur
Soft Power è il termine coniato da Joseph Nye – politologo americano specializzato in relazioni internazionali – per definire “l’uso dell’arte come leva del potere geopolitico”, ovvero che il potenziale d’attrazione di una nazione è alimentato anche dalla diffusione della cultura e dai valori storici fondativi della nazione stessa. Strumento che insieme alla lingua, ancor prima della coniazione di questo nuovo termine, era già stato utilizzato nel passato. Il concetto di geopolitica – “lo studio delle dinamiche di potere su territori sempre più ampi e complessi” – nasce, invece, alla fine del XIX secolo. Anche la cultura quindi è un pilastro per le nazioni, anche se sappiamo bene che è stato uno dei settori ad aver pagato l’alto prezzo della pandemia. L’espansione della geocultura è stata possibile anche grazie alla diminuzione delle guerre, nonostante i conflitti si palesino comunque sotto nuove forme che conosciamo bene – per inserirsi all’interno delle relazioni internazionali, economiche, comunicative e politiche tra gli Stati.
“…scopriremo che le Nuove Vie della Seta sono anche un megaprogetto culturale, che la costruzione di musei accende le rivalità tra le petromonarchie del Golfo, che i Paesi del Gruppo di Visegrád (un’alleanza politico-culturale tra Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) stanno dando forza all’ideologia nazionalista proprio attraverso le arti, e che la nuova tendenza artistica della Cinafrica si sviluppa nel momento esatto in cui il continente africano è alle prese con la restituzione delle opere d’arte sottratte dalle ex potenze coloniali. La cultura non è più soltanto la ‘ballerina’ che accompagna la firma di progetti politici ed economici, è lì dall’inizio, dalla genesi delle strategie internazionali.”
Ogni Nazione detiene una sua posizione e un suo ruolo a riguardo. Si va dalle quotazioni in borsa del K-pop (Korean popular music) che è diventato il nuovo brand identitario del Paese, alle rivoluzioni culturali in Nord Africa o la musica come strumento di propaganda in Venezuela o il cinema negli Stati Uniti che è ormai al centro della battaglia tra repubblicani e democratici.
Nel suo “Atlante della Cultura. Da Netflix allo Yoga: il nuovo soft power” (add Editore, 2021, pp. 141, euro 22), Antoine Pecqueur, giornalista specializzato in economia della cultura, ci accompagna in un percorso di trenta tappe – arricchite da mappe, schemi, grafici e diagrammi – che compie il giro per i continenti, a mostrarci come la cultura oltre che del soft power si serva anche delle strategie” coercitive e muscolari” dell’hard power.
Marianna Zito