“Assassinio nel palazzo del governo”, il romanzo di Diana Çuli
“Assassinio nel palazzo del governo” (Castelvecchi, Collana Narrativa, 2020, pp. 240, euro 19,50), è il romanzo scritto da Diana Çuli, tradotto in italiano da Elda Katorri.
Diana Çuli è una scrittrice, giornalista e politica albanese, che ha al suo attivo romanzi, racconti, pièce teatrali e sceneggiature cinematografiche e per “Assassinio nel Palazzo del governo” ha ricevuto il premio come “Miglior Libro del 2019” della prestigiosa Akademia Kult albanese.
Nel Palazzo del governo di Tirana è stato rinvenuto il cadavere del Segretario generale del Consiglio dei Ministri, braccio destro della nuova premier, ufficialmente colto da un infarto. Le circostanze della morte insospettiscono la premier Eva Starova, che incarica la sua amica Beti Duka di svolgere delle indagini segrete, affidandole anche un ruolo di copertura nel governo. Come consigliera per la Cultura, Beti verrà coinvolta in un progetto dell’UNESCO che la porterà a viaggiare per i Balcani in compagnia di un gruppo di colleghi, tutti potenziali sospettati dell’omicidio. Assistita dal fratello Genti, abile investigatore privato, e oppressa dal peso del passato della loro famiglia, Beti dovrà guardarsi le spalle mentre tenta di svolgere al meglio il suo duplice compito, perché le cose si fanno pericolose sin da subito: il sospetto che qualcuno voglia colpire il governo prende sostanza ogni giorno di più. In una penisola balcanica ancora sospesa fra le vecchie glorie del comunismo e l’idealismo proeuropeista, si insinuano forze ostili e manipolatrici, menti disposte a tutto per indirizzare il futuro verso i propri interessi.
Il romanzo di Diana Çuli ha diverse chiavi di lettura, non è solo un thriller, in quanto la scrittrice albanese ambienta la sua storia in splendidi paesaggi, facendoci fare un tour delle città più antiche della penisola balcanica, ma allo stesso tempo ci svela i retroscena della vita politica del governo, entrando direttamente nelle stanze del potere. È un romanzo coinvolgente per la storia di amore nei confronti dei genitori scomparsi ma anche per la ricerca della verità a qualsiasi costo, anche quello di perdere un amore nascente. L’autrice delinea nella sua trama una serie di argomenti importanti, descrivendo la battaglia in corso nell’area balcanica sul tema dell’ideologia europeista, senza tuttavia mai rinunciare ai colpi di scena e a un buon ritmo narrativo. Con un linguaggio incisivo e al tempo stesso venato di malinconia, Diana Çuli descrive la vita con tutte le sue difficoltà ma anche con la speranza in un futuro migliore.
“Anche Beti Duka stava pensando a Robert, suo padre, se tale si poteva definire. Perché non potevano essere definiti occhi di padre quelli che si limitavano a guardarti solo per un breve istante, due o tre secondi, una volta in trent’anni. Malgrado si fosse trattato di un istante di salvezza. Si sentiva delusa, offesa. “Non comportiamoci da figli arrabbiati” le aveva detto Genti. “Che addossano tutta la colpa ai loro genitori. Non sappiamo cosa gli sia realmente successo.”
Massimiliano Viola