“Aspettando Godot” al Teatro Vittoria di Roma
Sipario. Sacchi della spazzatura ovunque, fumo e un albero a centro scena, come il capolavoro di Samuel Beckett richiede.
Sul palco due uomini, Vladimiro (Pietro De Silva) ed Estragone (Felice della Corte), l’uno in piedi a stappare con indolente e austera concentrazione pezzi di giornale, l’altro a terra intento a cercare di togliersi una scarpa che, a quanto pare, è qualche taglia più piccola del suo piede. Sembrano entrambi alle prese con qualcosa di molto complicato e difficile da affrontare, ma dopo alcuni minuti ci rendiamo conto che tutto quello che fanno è occupare il tempo. I due difatti aspettano, in silenzio, il succedersi dei secondi; contemplano la loro apparentemente monotona quanto confusa vita, cercando di ingannare sé stessi nei più grotteschi dei modi, in vista di un incontro molto importante che avverrà a fine giornata, l’arrivo di Godot: colui che li porterà via da quel posto e li condurrà verso una nuova vita. Ogni frase è pretesto per discutere e litigare, ogni respiro è occasione per aprire un dibattito, tutto questo sempre per diluire il trascorrere dei minuti, che sembrano non passare mai. Soltanto il pensiero del tanto agognato arrivo di Godot può alleviare i litigi e rimettere buon umore.
La monotonia della loro giornata è interrotta momentaneamente dall’arrivo di Pozzo (Riccardo Barbera) e Lucky (Roberto Della Casa) rispettivamente il proprietario di quelle terre e il suo facchino. Il primo vestito da istrionico domatore di leoni munito di frusta, il secondo col cappio al collo e carico di valigie, che funge da fenomeno da baraccone per intrattenere il suo padrone. La loro entrata in scena è l’ennesimo passatempo per Vladimiro ed Estragone: serve a far arrivare il tramonto e la fine della giornata con la speranza tanto attesa di vedere Godot. Ma col calare del sole poco dopo l’uscita di scena di Pozzo e Lucky, è un giovane ragazzo a irrompere timidamente in scena (Francesca Cannizzo) il quale annuncia ai due che Godot verrà il giorno dopo.E così Vladimiro ed Estragone tornano nel vortice di un loop senza fine. L’unica cosa certa nelle loro giornate tutte uguali è l’albero al centro scena.
Un racconto eccellente che spiega il senso drammatico della vita che trascorre inesorabile e che ci fa sorridere perché in fondo “si partorisce su una lapide”. Una regia ricercata quella di Claudio Boccaccini che dipinge su ogni attore colori e accenti diversi; interessante la scelta musicale di Massimiliano Pace in perfetta sintonia con i momenti di comicità degli attori e al contempo con gli attimi di poesia e di eccelsi monologhi che hanno strappato applausi a scena aperta in più di una occasione. Il vero valore in questa particolare messa in scena, che si aggiunge in ultima analisi all’insieme delle luci, delle musiche e dei costumi, è l’insieme di silenzi, delle pause, dei respiri e degli sguardi degli attori, momenti di maggiore coinvolgimento ed entusiasmo per il pubblico. E questo spettacolo ha restituito a pieno il peggior dramma per l’essere umano: cercare qualsiasi modo per occupare la mente, aspettando e sperando che arrivi la fine di tutto.
Con costumi di Lucia Mirabile, luci e fonica di Francesco Brabera, aiuto regia Marzia Verdecchi, albero realizzato da Danilo Ciancolini. “Aspettando Godot” in scena al Teatro Vittoria di Roma fino a domenica 24 novembre.
V. M.