Ascanio Celestini e il suo PUEBLO al Teatro Franco Parenti
L’interno di una casa, il rumore della pioggia che cade incessante e una finestra sul mondo intorno. È così che iniziano le storie narrate da Ascanio Celestini al piccolo Pietro, guardando da quella finestra da cui la visuale è compromessa a causa della pioggia. Tuttavia, questo è sufficiente a distinguere le sagome delle persone nelle loro abitazioni, come quelle di Violetta e la madre, nella casa di fronte, intente a mangiare una zuppa liofilizzata. Non c’è certezza sui nomi, ma c’è la realtà della vita di tutti i giorni.
Celestini, da un semplice sguardo, costruisce una ragnatela di vite che si cimentano tra lavoro e casa, ma anche sull’essere e l’apparire: Violetta lavora in un supermercato come cassiera, ma nella sua mansione è una regina incontrastata. E Domenica, la barbona che non chiede elemosina, si guadagna gli scarti sistemando i carrelli di quel supermercato, senza voler altro. E così anche Sahid, magazziniere immigrato, licenziato e rispedito in patria per aver perso il permesso di soggiorno.
Ascoltiamo le storie di questi personaggi, fatte di difficoltà, di momenti difficili, di speranze e svaghi, di gioco d’azzardo, ma anche di piccole soddisfazioni e di amore. Perché lo scopo di tutti loro è vivere nelle proprie possibilità accettando la realtà, per quanto dura possa essere. Ogni personaggio viene raccontato per intero, per permettere di andare oltre l’apparenza e i pregiudizi e per dare uno sguardo più ampio alla gente comune, al popolo, al pueblo.
Celestini risponde sicuro al piccolo Pietro, presente come voce registrata, ma piena di sensibilità e innocenza, non tralascia nulla, ogni aspetto positivo e negativo viene palesato in modo ironico e divertente, ma assolutamente concreto e senza filtri e il pubblico rimane incantato. Da quella finestra si vede il mondo oltre la pioggia che offusca la vista, quella finestra rappresenta i nostri occhi sulla realtà e su come la possiamo o vogliamo vedere.
Ascanio Celestini è la voce di tutti i personaggi che ben si delineano e distinguono nel suo racconto, che risulta chiaro e immediato. Sul palco insieme a lui Gianluca Casadei a suonare dal vivo con pianoforte e fisarmonica le musiche composte appositamente per lo spettacolo, che in alcuni momenti si fanno canzone. Un monologo a più voci perfettamente riuscito, che colpisce nel profondo lo spettatore e che costituisce la seconda tappa della trilogia aperta con “Laika” andato in scena lo scorso anno.
In scena fino al 29 aprile presso il Teatro Franco Parenti di Milano.
Roberta Usardi