“Arma Infero – Delenda Gordia” – l’ultimo volume della quadrilogia di fantascienza di Fabio Carta
Nei volumi precedenti abbiamo seguito il racconto di Karan, vecchio e malato, che ripercorre la sua vita a partire dagli anni della giovinezza e dall’incontro con Lakon, mezzo uomo e mezzo alieno, e di come si sia creato tra loro un forte legame di amicizia, dopo che Karan gli ha salvato la vita. Questo racconto inizia mentre Karan aspetta di entrare al santuario di Lakon ed è rivolto a tutti coloro che, come lui, aspettano di entrare. Siamo sul pianeta Muareb, ora distrutto e contaminato, ma un tempo vivibile e adorno di bellissime città. Karan ricorda la sua carriera come maniscalco, scienziato e ricercatore di nuove tecnologie da applicare agli zodion, le cavalcature da guerra, e di come diventò cavaliere, del suo amore per la bella dama Luthien, ma anche del suo legame con Lakon e di come quest’ultimo, da prigioniero, sia presto riuscito a diventare prima suo aiutante, poi Mastro di Forgia e infine cavaliere e nobile, con la missione della “Cerca del Pagan”, legata a un antichissimo culto appartenente al territorio della Falange. Non mancano nella vita di Karan peripezie di guerra, la separazione da Lakon e il ricongiungimento con lui al Polo mentre una spietata guerra civile viene combattuta giorno e notte nella Falange.
Nell’ultimo volume della quadrilogia di Fabio Carta “Arma Infero – Delenda Gordia” (Inspired Digital Publishing, 2019) si arriva al tanto agognato epilogo, non senza sorprese, anzi. Se nei primi due volumi e per gran parte anche nel terzo il legame tra Karan e Lakon è inoppugnabile, in questo ultimo volume si insinuano dubbi e rivelazioni inaspettate già accennate al termine del terzo volume. Lakon ha portato a compimento la cerca del Pagan, ha saputo risvegliare la cavalcatura da guerra, lo zodion, fin nel profondo, fondendosi con esso e poi sparendo nel nulla. Ma già da diverso tempo Lakon aveva iniziato a chiamare a sè una squadra di eletti, denominati “perfetti”, uomini che per amor suo hanno accettato di fondere la loro mente con la sua. Lakon agisce tramite questi fedeli, nonostante non sia presente, parlando attraverso i sogni. Con il risveglio del Pagan, Lakon è diventato un rifimento, un capo per molti, ma non per Karan, che non riesce mai, suo malgrado, ad abbandonare la sua mente completamente, sentendosi spesso in colpa per questa mancanza. Ciononostante accorre al richiamo di Lakon che si trova nello spazio, quasi senza energia nell’arcipelago Trojan, il luogo dove fu combattuta la Seconda Guerra Coloniale. Un viaggio lunghissimo e solitario, ma che Karan porta a compimento. Intanto su Muareb, nuove ostilità sono emerse tra i popoli, nuove guerre alle porte e nuova imminente distruzione. Il ritorno di Lakon sortirà eventi irreparabili.
“La Terza Guerra Coloniale, lo scontro finale su Muareb non poteva più essere rimandato.
La fine incombeva su tutto.
Io lo sapevo.
Io ne ero l’araldo.”
Fabio Carta ancora una volta sorprende il lettore, completando la fitta e avvincente trama di Arma Infero e l’esplorazione dell’animo umano fin nel profondo attraverso il personaggio di Karan, così imperfetto, ma per questo così incredibilmente umano. In Lakon invece si scopre un sentire che non é in grado di andare in profondità e di comprendere le emozioni: proprio per questo non ha timore di agire in modo crudele e spietato. I due protagonsti si trovano a fronteggiarsi per la prima volta e il lettore vede chiaramente la vera natura di entrambi. Un finale da non perdere.
La quadrilogia di Arma Infero è composta da: “Il Mastro di Forgia” (2015, qui la recensione), “I cieli di Muareb” (2016, qui la recensione), “Il risveglio del Pagan” (2018, qui la recensione), “Delenda Gordia” (2019).
Roberta Usardi