“ANTIGONE” AL TEATRO ELFO PUCCINI DI MILANO
Al teatro Elfo Puccini di Milano va in scena l’Antigone di Sofocle. Il capolavoro del regista Gigi dall’Aglio e della compagnia ATIR sta tutto nella capacità di dare al pubblico qualcosa di nuovo, di rendere vivo un testo scritto più di duemila anni fa e già rappresentato infinite volte. Il pubblico in sala conosce bene la storia di Antigone eppure ne segue le vicende con vivo interesse.
Sul palco si mescolano i richiami all’antichità, come la pietra monumentale su cui viene incisa la Legge dello Stato, ed elementi moderni, come gli abiti di Creonte, creando un filo rosso che si snoda attraverso l’intera storia umana e facendo arrivare chiaro il messaggio: il dramma di Antigone è sempre attuale. La voce narrante e gli strumenti musicali sono tutti in scena a scandire il ritmo mai scontato di questa rappresentazione. Di fronte a due fratelli che si uccidono a vicenda, lo Stato decide di proclamare eroe l’uno, Eteocle, e sovversivo l’altro, Polinice, e di negare a quest’ultimo perfino la sepoltura. Antigone non ci sta: la legge non può lasciare il corpo di suo fratello Polinice in balìa degli avvoltoi e, ancor peggio, senza una lacrima. Ma la dignità di un uomo che muore e il bisogno umano di salutare per lasciare andare vengono negati dall’autorità che ha bisogno di affermarsi.
“Il potere si permette quello che vuole, ma io non sono nata per condividere odio, ma amore”.
Una meravigliosa Arianna Scommegna nei panni di Antigone difende la sua scelta fino alla fine, ammette subito davanti al re di esser stata lei a seppellire Polinice e infine si toglie la vita dopo esser stata gettata in una grotta. Creonte si ravvede troppo tardi: quando un indovino lo convince a liberare Antigone minacciando per lui immani sventure, egli si ritrova davanti ad una tragedia ancora più grande; la morte di Antigone ha indotto Emone, figlio di Creonte e promesso sposo della fanciulla, a togliersi la vita e con lui anche sua madre. A questo punto Creonte arriva ad invocare la morte per se stesso: si copre la faccia di fango cancellando i propri connotati perché per lui, come per ogni essere umano, “non c’è più vita senza ciò che ama”.
Prima che si spengano le luci, c’è giusto il tempo di intravedere un ramoscello sulla collina di Tebe, segno di speranza e di rinascita. Poi solo un lunghissimo applauso dalla sala gremita.
Andato in scena dal 22 al 27 gennaio 2019.
Giulia Acconcia