“Annacuccù”, della passione dei giovani, dell’inerzia dei grandi
“Annacuccù” (Castelvecchi, pp. 238, euro 18,50) è il romanzo d’esordio di Primo Di Nicola che, per oltre trent’anni, si è occupato di inchieste su mafia, terrorismo, servizi segreti e sprechi della politica. Ma in queste pagine ci porta lontano, a Riosogno “Il Paradiso in terra tra boschi e acque limpide che i grandi non sanno difendere”, raccontato attraverso gli occhi dell’undicenne Cosmo.
Cosmo, il cui solo nome è già un invito a seguirlo nel paese che tanto ama e che mai vorrebbe lasciare:
“Come se Riosogno non vale niente, come se ha ragione la maestra quando ride di noi e del nostro parlare paesano e che i forestieri non capiscono. La verità è che non cambierei nulla delle cose che lei dice, della sua città, con quello che già ho. Come oggi che il paese si preparava. Se tu avessi visto, maestra, capivi perché mai potrei lasciare le mie cose per le tue. O lasciarle per il collegio. È uno spettacolo che voi forestieri neanche immaginate il paese che si sveglia per il ritorno degli uomini dalla montagna.”
È un giovane uomo consapevole, Cosmo, che attraverso le pagine del diario che la maestra con poca convinzione lo invita a tenere, prima tentennando e poi sempre con maggiore forza e attaccamento alle parole, ci fa entrare nelle storie degli abitanti, incluse quelle della sua famiglia: la nonna che legge le macchie d’olio e “stravede”; una suorina troppo sensuale che fa perdere la testa a tutti gli uomini; parenti squattrinati e bassi che tornano pieni di promesse dall’America, facendola pensare meno grande di quel che si credeva; amici e vicini di casa che emigrano in Australia in cerca di lavoro e fortuna; terremoti e superstizioni; le prime sperienze amorose; i pettegolezzi; lettere che si fanno leggere e scrivere da chi può; il caffè buono da prendere mentre si ragiona a voce alta sul da farsi e su quel che potrebbe essere. Insomma, Risosogno è un microcosmo, la cui pace è minata soprattutto da Isso, il sindaco padrone che pensa ai propri interessi ai danni degli abitanti che si ritroveranno privati del fiume, la cui acqua alimenta molte delle attività. Ne seguono disavventure, disgrazie e soprusi. Ma Isso è anche la molla che fa scattare Cosmo, che lo rende insofferente all’incapacità dei grandi, suo padre in primis, di ribellarsi, di farlo davvero fino in fondo, andando oltre le parole.
È una storia vecchia quanto il mondo quella che Di Nicola ci racconta: del forte che schiaccia il debole, del debole che soccombe per necessità. È la storia di chi resta barcamenandosi come può e di chi alla fine stremato se ne va. È la storia dell’eterno dissidio tra azione e inerzia. Solo che stavolta l’azione è affidata non solo a Cosmo, ma anche ai suoi giovani amici che, ognuno come può, si ribellano a un mondo di grandi che forse non è proprio quello giusto: Ardo che si rifugia sui monti; Maggio che si difende da solo tra mutismo e pugni se la madre non lo fa per lui;, Domenico che scappa per un amore che dicono sia impossibile. Ma quella di Di Nicola è anche una storia fatta di nostalgia, quella per chi è lontano. E anche questa è affidata ai giovani della storia come se i grandi non fossero capaci altro che di azioni pratiche e durezza, e del sogno a loro non resti ormai nulla. Forse Di Nicola alla fine non di discosta poi molte dalle inchieste di cui per anni si è occupato: l’omertà e l’accondiscendenza di molti per quieto vivere o tornaconto; la corruzione di una certa politica e una certa religione. C’è tutto in queste pagine, cambia però il modo di narrare. Di Nicola sceglie gli occhi puliti di Cosmo, che i grandi li hanno chiusi troppe volte per poter raccontare una storia dolce amara che non finisce come vorremmo, perché spesso (troppo spesso) le cose non vanno nel modo in cui è giusto che vadano.
Laura Franchi