AMORI CHE NON SANNO STARE AL MONDO di Francesca Comencini
Gli amori che non sanno stare al mondo sono quelli dei docenti universitari Claudia (Lucia Mascino) e Flavio (Thomas Trabacchi), che cercano di lasciarsi alle spalle il loro amore finito e consumato dal tempo, dalle incomprensioni, dalle aspettative, dalle pretese dell’una e dalla resistenza dell’altro. E poi quello di Flavio per Giorgia (Camilla Sevrino Favro), una donna più giovane con la quale tutto gli sembrerà nuovo, possibile e leggero, mentre Claudia si farà travolgere dalla passione di Nina (Valentina Bellè), sua studentessa precoce intelligente e sfrontata.
Questi sono i protagonisti di AMORI CHE NON SANNO STARE AL MONDO di Francesca Comencini film presentato al Festival di Locarno e al Torino Film Festival. In occasione dell’uscita nelle sale, Fandango ha ristampato il romanzo di cui la pellicola è la trasposizione, firmata dall’autrice stessa. Un romanzo che si presenta in forma di dialogo interiore, un intreccio di voci e pensieri che parlando di loro parlano di ognuno di noi. E che ci riguardano perché – da sempre – siamo coinvolti nell’unico sentimento che ci eleva e ci distrugge. Noi, un pronome che si racchiude in un ideale di coppia, “un pronome che è l’unica trascendenza delle nostre vite senza Dio”, si dirà Claudia pensando a Flavio, che si ostina a non perdere. Così la Comencini si addentra in questo terreno, a lungo sondato ma pur sempre irrisolto: l’amore, uno specchio che riflette e misura le nostre vite, mettendo in luce tutta l’umanità e la fragilità che, inevitabilmente, ci appartengono.
In occasione della fiera dell’editoria indipendente Più Libri Più Liberi il libro e il film sono stati presentati dalla stessa regista, accompagnata dalla protagonista del film, Lucia Mascino, e dalla sceneggiatrice Francesca Manieri. Un pubblico numeroso ed entusiasta ha così potuto addentrarsi tra le pagine di una storia ricca di sfaccettature , che offre uno sguardo nuovo sulle relazioni. Spiega la Mascino: “Parte da una storia vera e la trasforma, restituisce l’energia che un grande dolore ha dato. Attraverso l’arte offre una contropartita grande, solida, anche a chi sente tanto. Talmente tanto da essere un problema. Quando tu senti così tanto sei fuori misura, fuori volume. Come anche io sono. Però c’è una parte positiva in questo: lanciare, far esplodere un messaggio di libertà, di coraggio. Se questa è la contropartita, allora si può essere così. Ha dato uno spazio elegantissimo, profondo, comicissimo, a qualcosa che ognuno sente e ha sentito. Ed è bello pensare di poter ridere di qualcosa di così profondo, non perché lo affondi ma perché lo elevi. Ridere con tenerezza delle debolezze di una donna o di un uomo, come di un aspetto fra i tanti, è un pregio”. Quello tra uomini e donne, nelle pagine della Comencini, è – all’apparenza – uno scontro senza esclusione di colpi. Che non sancisce una disparità, al contrario, sintizza. Manieri, certifica “c’è un equilibrio, ed è generato da una guerra che chiede il coraggio degli eroi. E Claudia in questo senso è un’eroina”.
Nel romanzo, come nel film, si dipana un’ottica fortemente femminile. Che tuttavia, non esclude gli uomini. Al contrario: “C’è ricchezza anche per gli uomini“. Nel film, che per esigenze di fluidità narrativa assume solo il punto di vista e la voce di Claudia, “Flavio è un uomo che ha la forza della sua debolezza. Ha una forza che l’uomo al cinema non ha, quella di quanto è guardato. Questo film fa dell’uomo qualcosa che non è mai stato: l’oggetto del desiderio”.
Nello svolgersi della vicenda, Claudia si lascia andare a note di disperazione, di furor amoris, di ostinazione, che “può aprire una possibilità, non limitarla”.
Nel loro ricostruirsi Claudia e Flavio devono fare i conti con se stessi, con corpi che invecchiano ma cui “la società non permette di invecchiare alla stessa maniera, come è diverso il modo in cui ci sente autorizzati a piacere”.
Un libro, e un film, che “racconta uno stallo che è una possibilità”, un passaggio di vita che ciascuno ha sperimentato che offre gli strumenti per “lottare contro l’autocensura”. Sapendo che anche quando ci si sente perdute si può risorgere, perché “non è vero che abbiamo bisogno di essere protette”.
Daniela Gramegna